ASCOLI – Uomo di sport e maestro di vita. In migliaia, oggi pomeriggio (lunedì 21 agosto), hanno partecipato ad Ascoli al funerale di Carlo Mazzone, decano degli allenatori di calcio italiano e recordman di panchine in Serie A, morto sabato a 86 anni. Gremita in ogni posto la chiesa di San Francesco, con tante persone che hanno assistito alle esequie in piazza del Popolo, grazie ai maxischermi. In prima fila i figli Sabrina e Massimo insieme alla moglie Maria Pia, ai nipoti, ai generi e a tutta la sua famiglia. Presenti anche gli ultras dell’Ascoli che, prima di entrare in chiesa, hanno portato avanti un corteo mostrando uno striscione dedicato (“Coriaceo di nascita ascolano per scelta”). Presenti anche i tifosi del Brescia, del Cagliari e della Roma.
Il ricordo
In chiesa anche il sindaco ascolano Marco Fioravanti con il governatore della Regione Marche Francesco Acquaroli. Alle esequie di Mazzone hanno preso parte anche alcuni nomi del calcio di oggi e di ieri: Serse Cosmi, Walter Alfredo Novellino, Alessandro Calori, Enrico Nicolini, Gianluca Pagliuca, Vincent Candela, Peppe Iachini e tanti altri. Il feretro è arrivato dinanzi alla chiesa di San Francesco fra due ali di folla che applaudivano il grande Carletto a cui è intitolata anche la Tribuna Est del Del Duca. Sopra la bara solo rose rosse, oltre alle maglie e alle sciarpe delle squadre che Mazzone ha allenato. A celebrare le esequie il vescovo di Ascoli Gianpiero Palmieri e l’arcivescovo di Pesaro Piero Coccia. «Oggi, in questa chiesa, ci sentiamo una grande famiglia composta da tante città che riconoscono Carlo come un padre – ha spiegato il vescovo Palmieri -. Non è facile salutare un padre ma lo faremo con gratitudine. Ci ritroviamo oggi qui per dire grazie a Carlo e stringerci intorno alla sua famiglia». «Carlo è stato un maestro di onestà, di libertà, di laboriosità e ciò ci aiuta nel cammino verso il regno dei cieli – ha proseguito monsignor Coccia -. Mazzone è stato un dono per noi tutti e attraverso lui il Signore ci ha fatto capire molte cose. Nella sua lunga carriera di allenatore è stato un maestro nel costruire e nel ricostruire calciatori. Il vero fine, però, sta nella sua dimensione umana ispirata all’onestà e alla libertà in un calcio spesso pieno di opportunismi».