ASCOLI PICENO – Entro luglio dovrebbero essere approvati dal Parlamento i decreti attuativi del Family Act, la legge di riforma che prevede l’introduzione dell’assegno unico per figli. Due mesi di tempo per un percorso che non sembra ancora essere lontano dal giungere al traguardo. E ciò soprattutto per l’incertezza sulle risorse reali che verranno messe a disposizione delle famiglie per compensare l’azzeramento di tutti gli altri bonus.
Alcune fonti autorevoli parlano di 20 miliardi, ma secondo altri la cifra sarebbe molto minore, non superiore agli 8 miliardi complessivi. E tutto ciò potrebbe fare una grossa differenza, perché i benefici concreti per i cittadini potrebbero essere inferiori a quelli annunciati. Di recente il Corriere della Sera ha fatto una stima di quanto effettivamente resterebbe nelle tasche delle famiglie italiane, nel caso i fondi previsti non siano rilevanti: 150 euro al massimo, invece dei 250 euro annunciati.
Anche per questo, alcune forze politiche e forze sociali non sono così entusiaste di questa riforma che toglie a tutti, in particolare ai lavoratori dipendenti, per dare – non molto ad una parte, sebbene consistente.
Tra i critici c’è a sorpresa il movimento del Popolo della Famiglia, che parla di «mancetta» che non affronta le questioni più rilevanti riguardanti la situazione difficile di molti nuclei familiari, specie con reddito basso o precario e alle quali verrebbero tagliate le detrazioni in busta paga presenti nei contratti di lavoro.
«È una riforma che rischia di peggiorare le condizioni di molte famiglie delle fasce più deboli – sostiene Andrea Quaglietti, coordinatore provinciale di Ascoli del Movimento – e questo perché si elimineranno detrazioni che valgono tra il 15 e il 30% dello stipendio di un lavoratore. Per evitare questa conseguenza pesante, il Parlamento deve inserire una clausola di salvaguardia nei decreti attuativi che tuteli le famiglie più numerose, collegando l’assegno unico al quoziente familiare».
Insomma, per il Popolo della Famiglia bisogna scongiurare l’eventualità che la riforma da un lato penalizzi di fatto i dipendenti che hanno reddito bassi e devono sostenere spese elevate per le necessità dei loro figli, ammortizzate ora da importanti detrazioni in busta paga e bonus di vario genere. Mentre dall’altro evitare che non migliori realmente il quadro economico di autonomi e partite Iva che riceverebbero aiuti dallo Stato molto modesti.
«L’assegno universale – aggiunge Quaglietti – è una mancetta assistenzialista da 50 euro in media per figlio. Eppoi è un’azione che invita a percepire meno reddito, perché premia chi lavora di meno agendo all’opposto dello stimolo prodotto dal quoziente familiare che invece incentiva i cittadini a generare più reddito e figli. L’assegno è un primo passo nella direzione opposta a quella necessaria, cioè a quella del quoziente familiare con particolare attenzione alla famiglia monoreddito».