Ascoli Piceno-Fermo

Lago di Pilato asciutto, l’idrogeologo Tazioli dell’Univpm: «Servono studi per valutare la permeabilità del fondo»

Il lago, che si trova nel territorio di Montemonaco, nell'ascolano, è completamente asciutto e c'è apprensione per la sopravvivenza del Chirocefalo del Marchesoni, un rarissimo e piccolo crostaceo che vive solo in queste acque

La valle del Lago di Pilato (foto di Fabrizio Teodori)


Adagiato sotto la cima del Monte Vettore nel Parco dei Monti Sibillini, a quasi 2mila metri di quota (1.941 metri per la precisione) sorge il Lago di Pilato, il cui ecosistema, già estremamente fragile e delicato, sta facendo i conti con il cambiamento climatico. Il lago, che si trova nel territorio di Montemonaco, nell’Ascolano, è completamente asciutto e c’è apprensione per la sopravvivenza del Chirocefalo del Marchesoni, un rarissimo e piccolo crostaceo che vive solo in queste acque.

Le temperature elevate che hanno caratterizzato questa estate, ma soprattutto la scarsità di piogge, stanno mettendo a rischio questo habitat. «Si tratta di un lago di origine glaciale, sospeso su sedimenti morenici, che per la sua collocazione in alta quota vede una complessità in termini di interventi possibili», spiega Alberto Tazioli, professore associato di Geologia applicata presso il Dipartimento di Scienze e Ingegneria della Materia, dell’Ambiente ed Urbanistica dell’Università Politecnica delle Marche.

Dove oggi c’è il Lago di Pilato «qualche decina di migliaia di anni fa c’era un ghiacciaio, i cui sedimenti hanno creato uno sbarramento e favorito così l’accumulo di acqua. Esso è alimentato in prevalenza dalle precipitazioni che ruscellano superficialmente e si accumulano ma anche in buona parte dallo scioglimento delle nevi. Quando piove di meno il lago può andare in crisi – prosegue -, il problema però non è solo la siccità, ma anche la mancanza del manto nevoso, che sciogliendosi garantisce acqua al lago». Le precipitazioni nevose estremamente esigue dell’inverno appena trascorso, segnato anche da un importante deficit di piogge, «hanno messo in crisi il lago e l’acqua è così sparita dalla superficie».

Secondo l’idrogeologo per cercare di difendere questo luogo così prezioso «servono innanzitutto degli studi specifici per valutare lo stato del fondo del lago, soprattutto in termini di permeabilità, visto che si tratta di una risorsa naturale e turistica molto importante su cui vale la pena di investire. Qualche studio esiste, occorrerebbe approfondire. Gran parte del problema non è in ogni caso risolvibile – spiega – in quanto il lago per la sua esistenza dipende strettamente dall’entità e dalla distribuzione stagionale delle precipitazioni». Solo successivamente a questi studi si potrebbe eventualmente valutare l’ipotesi di «un eventuale intervento, che coinvolgerebbe necessariamente esperti di diversa estrazione. In ogni caso la sua posizione complica ogni intervento ipotizzabile».

Un intervento di protezione che si sta mettendo in atto e andrebbe reso definitivo, conclude, è quello di «impedire l’accesso alle persone nella parte più profonda dei due laghetti per evitare che venga alterata la naturalità del lago. Purtroppo per le condizioni in cui siamo, l’impatto climatico condiziona in maniera determinante».