Ascoli Piceno-Fermo

«Non ci si ricordi dell’autismo solo il 2 aprile». Intervista al coordinatore di Omphalos, Simone Maestrini

In occasione della giornata della consapevolezza sull’autismo abbiamo cercato di fare il punto su questa problematica che colpisce oltre un bambino su cento

«Perché dell’autismo non ci si ricordi solo un giorno all’anno», è questo l’appello di tante realtà che viene lanciato in queste ore; man mano infatti che ci si avvicina al 2 aprile, data in cui dal 2007 è stata istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU la giornata della consapevolezza sull’autismo, sono tante le manifestazioni organizzate per accendere i riflettori su questa problematica che ogni anno interessa almeno un bambino su 100 ed investe ovviamente anche le loro famiglie ed il loro cerchio di affetti. Una roboante esposizione mediatica fatta di monumenti illuminati, eventi sportivi e convegni che poi, passata la data cerchiata sul calendario, ripiomba puntualmente nell’oblio.

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale che provoca ristrettezza d’interessi e comportamenti ripetitivi. I genitori di solito notano i primi segni entro i due anni di vita del bambino e la diagnosi certa spesso può essere fatta entro i trenta mesi di vita. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione, divise tra cause neurobiologiche costituzionali e psicoambientali acquisite. Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l’uso di parlare più correttamente di Disturbi dello Spettro Autistico (DSA o, in inglese, ASD, Autistic Spectrum Disorders), comprendendo tutta una serie di patologie o sindromi aventi come denominatore comune le suddette caratteristiche comportamentali, sebbene a vari gradi o livelli di intensità.

Per cercare di fare un po’ il punto su quale sia la situazione in Italia abbiamo intervistato uno dei Coordinatori dell’associazione Omphalos di Acquaviva Picena, Simone Maestrini.

L’associazione, esistente dal 2008, nata per iniziativa di un gruppo di genitori di bambini presi in carico presso il Centro Autismo Età Evolutiva di Fano, si pone come punto di riferimento importante per le famiglie toccate da questa disabilità. Omphalos si impegna ad elaborare progetti di vita pensati per le specifiche necessità di ogni singolo soggetto coinvolto nell’esperienza dell’autismo, per assicurargli serenità presente e futura. Si adopera per offrire servizi come assistenza alla didattica ed all’attività sportiva, opportunità di inserimento nelle realtà produttive sia pubbliche che private, assistenza legale, compartecipazione nell’utilizzo di servizi già esistenti attraverso forme di volontariato con il coinvolgimento diretto delle famiglie. Allo scopo di organizzare una rete di solidarietà concreta l’Associazione ha attivato tre sedi operative “Be-Blu!” ad Acquaviva Picena, “Batti 5!” a Fano e “BluInfinito” a Recanati.

«Il nostro centro con sede ad Ascoli si chiama “Be-Blu”: BLU il colore che le Nazioni Unite nel 2007 decisero di adottare istituendo il 2 aprile di ogni anno la “giornata della consapevolezza dell’autismo”, in quanto “tinta enigmatica” che, per gli antichi egizi, rappresentava il cielo e l’acqua ma anche il potere di risvegliare il senso di “sicurezza” e il bisogno di “conoscenza” – continua Maestrini – Oggi il BLU rappresenta in qualche modo quel che viviamo tutti i giorni noi familiari e le persone colpite: ci sono delle volte che il blu è brillante come il mare in un giorno d’estate e altre volte che questo blu si fa scuro e si disperde come un mare in tempesta. Esiste infine un’ulteriore spiegazione della scelta di un solo colore e non di una policromia per rappresentare l’autismo e diffonderne la consapevolezza: l’autismo è una condizione che ha modi diversissimi di manifestarsi, necessitando di diversi livelli di assistenza a seconda dei casi ma comunque copre dello stesso manto tutti quelli che la vivono».

Ma quale è la situazione odierna per i bambini affetti da autismo e le loro famiglie?
«Oggi la situazione per i bambini e per le loro famiglie è faticosa – ci spiega Maestrini – le istituzioni non sono molto presenti… il grosso dell’aiuto arriva per lo più dagli stessi genitori. Il problema è gravoso per la famiglia sia da un punto di vista piscologico ma anche e soprattutto economico. Tutte le attività di cui necessitano i bambini hanno un costo che sicuramente è difficile da sostenere per molte famiglie; esistono i centri convenzionati ma spesso deficitano di personale qualificato. Ad esempio nella nostra realtà di OMPHALOS viene utilizzato principalmente l’approccio di intervento ABA acronimo di Applied Behavior Analysis (ovvero Analisi Comportamentale Applicata), ovvero ad oggi la terapia supportata dalle maggiori evidenze scientifiche sul piano del trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico. Si ritengono l’apprendimento, la comunicazione e le abilità cognitive e sociali come comportamento e quindi come tali, possono essere modificate in un’ottica migliorativa e di maggiore adattamento al contesto. In virtù di questo la nostra realtà è uno spazio in cui i bambini intraprendono un percorso terapeutico intensivo ed individualizzato in rapporto di 1:1 con la terapista di riferimento e non un classico centro d’accoglienza diurno in cui si è insieme per tutto il tempo. Oggi le strutture convenzionate sono poche e quelle esistenti, purtroppo, hanno un approccio un po’ blando dove i bambini vengono parcheggiati, una sorta di babysitteraggio… il che non giova alla loro situazione».

Come vi interfacciate con le istituzioni scolastiche?
«Sul tema scuola la situazione è complessa e dipende un po’ dai dirigenti: con alcuni basta una segnalazione per permettere ai nostri terapeuti di entrare nelle classi e lavorare ad unisono con gli insegnati…in altre scuole è invece molto più complicato perché non si interfaccia la famiglia e ci dobbiamo interfacciare noi come realtà per fare poche ore di integrazione a quelle degli insegnanti curricolari o quelli di sostegno… e comunque c’è anche un’altra grande problematica che il mondo della scuola fatica a capire: lasciare lo stesso insegnate di sostegno per diversi anni, per esempio per tutto il ciclo della primaria o della secondaria è molto terapeutico: al contrario, cambiare ogni anno, come avviene per la maggior parte dei casi, è a dir poco deleterio…senza considerare poi che, visto il bisogno di insegnanti di sostegno e la penuria che c’è di quest’ultimi, l’incarico spesso viene affidato a persone che non hanno neanche un minimo di preparazione e che fino a qualche mese prima facevano un’altra professione. Le ore passate a scuola sono tante e sono fondamentali per i normo tipici, figuriamoci per un Bes: se ogni anno il bambino si trova a partire da zero sul piano umano ed empatico pensare che possa fare passi in avanti diventa veramente difficile».

Nell’ultima decade sono stati fatti passi avanti?
«Qualcosina è stato fatto, piccoli passi di fronte ad un qualcosa che ha bisogni e necessità ben più grandi: alla fine tutto viene ricondotto al problema economico e alla mancanza di risorse. C’è da dire che non si tratta certo di un problema di nicchia: le ultime statistiche scientifiche ci parlano di un caso ogni 85/90 nascituri…certo, sono cambiate le rilevazioni che rispetto una volta sono più sensibili e riescono ad identificare anche i casi più lievi ma il problema c’è, è diffuso e la soluzione non può essere lasciare che le famiglie si arrangino».