ASCOLI – «Oltre 1.500 piante di oliva tenera ascolana, allevate a palmetta, e circa 600 piante di oliva da olio, sparse su un terreno a seminativo, risultano irrimediabilmente prive delle necessarie cure colturali. Tanto che, a questo punto, la cura non potrà essere altra che quella dell’abbattimento di tutto il patrimonio arboreo, con conseguente deprezzamento del valore catastale di oltre il 50 per cento di quelle terre». A lanciare l’allarme, ancora una volta, è il perito agrario ascolano Franco Passarini, che riporta d’attualità il problema relativo alla gestione dei terreni di Campolungo, di proprietà del Comune di Ascoli e, prima ancora, dell’ex Opera Pia Sgariglia.
La storia
Per comprendere meglio la situazione, però, occorre fare qualche passo indietro.
Dal 1948 al 1955, infatti, le proprietà agrarie degli allora “Istituti Riuniti di Cura e Ricovero”, di circa 1.400 ettari, vennero gestite dal perito Eugenio Passarini, in qualità di direttore tecnico e amministrativo. In quel periodo cominciarono le trasformazioni agrarie e fondiarie, vennero installati i servizi igienici su oltre 60 case coloniche, nonché impiantati filari di viti e olive consociate a piante da frutto. Con il suo lavoro, quindi, Passarini portò per primo, attraverso tali migliorie, un benessere economico a circa 200 famiglie picene condotte a mezzadria. L’ente, poi, venne soppresso e la proprietà agraria venne suddivisa tra l’ospedale Mazzoni e il Comune di Ascoli.
Il lavoro del perito, poi, fu proseguito da Franco Passarini, su incarico dell’allora sindaco Mario Cataldi, fino al 1982. Nei quindici anni successivi, i terreni vennero affidati ai privati e ci furono perdite ingenti, con Passarini che venne richiamato nel 1997 come amministratore proprio del patrimonio ex Sgariglia. Nel 2000 i terreni vennero affittati a un coltivatore diretto, al quale il Comune, nel 2008, fece causa per inadempienza nel pagamento di sei anni di affitto. Il coltivatore venne condannato al pagamento di 210mila euro, che il Comune non ha mai riscosso.
E così Passarini ha deciso di tornare alla carica per difendere quei terreni. «Perché l’ufficio comunale competente non controllò mai in merito al pagamento dei canoni? – scrive l’agronomo -. Inoltre, nel dicembre del 2008 il Comune avrebbe dovuto bandire un’asta pubblica per far sì che tali colture ricevessero le opportune cure. Questi terreni si trovano, da decenni, in stato di abbandono. Se non si deciderà di intraprendere un serio programma di conservazione, è già scritto che in quelle terre resterà soltanto desolazione, causando un danno economico ma anche nei confronti della storia e delle tradizioni della nostra terra».