ASCOLI – Lo stop allo sconto in fattura e alla cessione dei crediti sui bonus fiscali, disposto dal Governo con il relativo divieto di acquisto per gli enti locali dei crediti già in circolazione, in merito al cosiddetto superbonus del 110%, rappresenta un colpo durissimo anche per il Piceno. In tutta la provincia di Ascoli, infatti, si contano a decine le imprese impegnate nelle ristrutturazioni di migliaia di abitazioni. E, molte di queste, ora sono inevitabilmente esposte al rischio fallimento in nome di un minore impatto sul debito pubblico.
Le imprese
La preoccupazione, però, oltre che dei titolari delle stesse imprese è anche dei sindaci, soprattutto per quanto concerne i Comuni terremotati. Il rischio concreto, infatti, è quello che possano restare bloccati i cantieri della ricostruzione. «Questa situazione, alla luce delle ultime novità, appare sempre più probabile, con effetti devastanti per la filiera delle costruzioni e per il territorio – conferma Mario Schiavi, titolare della ditta Crivedil di Monsampolo -. Lo sblocco dei crediti resta fondamentale per liberare i cassetti fiscali, un’operazione che andrà supportata con indicazioni una volta per tutte chiare da parte del Governo». Sulla stessa lunghezza d’onda, ovviamente, anche i titolari delle altre imprese impegnate nei lavori riferiti al superbonus. Insomma, un quadro che si fa abbastanza complicato, proprio perché i cantieri sono migliaia, in tutto il Piceno, e le ditte operative si contano a decine.
I sindaci
Ad alzare la voce, come detto, sono anche i sindaci. «Il superbonus era una misura che avrebbe potuto funzionare solo se prevista per la ricostruzione post terremoto – spiega, ad esempio, Michele Franchi, sindaco di Arquata del Tronto, il Comune piceno devastato dal sisma del 2016 -. Prevedeva, infatti, di migliorare le abitazioni. Invece, ad usufruirne sono stati coloro che ne avevano decisamente meno bisogno. E a pagarne le conseguenze sono gli stessi terremotati, i quali invece ne avevano esigenza. Mi auguro, dunque, che la misura possa essere prorogata almeno fino al 2025 e che si faccia di più per le zone terremotate. Altrimenti si crea una disparità che vede in posizione svantaggiata chi è stato colpito dal sisma». «Per quanto riguarda il post sisma, sarebbe devastante se venisse a mancare tale copertura – conferma il sindaco di Acquasanta Terme, Sante Stangoni -. In questo modo si rischia davvero che si blocchino i cantieri, perché molte famiglie non avrebbero la forza economica di poter coprire tali spese. Insomma, mi auguro che si faccia un passo indietro, altrimenti sarà davvero dura. Mi auguro che il commissario Guido Castelli, che tiene molto al territorio, riesca a risolvere la situazione».
Il Pd
A farsi sentire è anche il Partito Democratico, attraverso le dure parole del segretario provinciale Francesco Ameli. «L’assurda decisione del Governo fa saltare la ricostruzione delle zone colpite dal sisma – spiega il referente ascolano del Pd -. Infatti il contributo che lo Stato concede per la ricostruzione non è sufficiente per coprire i costi di riparazione dei danni causati dal sisma, e questo comporta che alcune somme, il cosiddetto accollo, rimangano a carico del cittadino con la casa lesionata. Ovviamente se si ha un reddito alto, il problema non si pone. La cessione del credito, infatti, è stata una misura introdotta nel 2016 per dare risposte proprio alle famiglie meno abbienti. Con il deputato Augusto Curti siamo già all’opera per presentare emendamenti in Parlamento ed iniziative in Regione per chiedere la modifica della norma a tutela dei terremotati sono già state prese dalla consigliera Anna Casini. Chiediamo con forza un immediato passo indietro ed interventi immediati a tutela di tutti coloro che hanno perso una casa ed ora sono nello sconforto più totale. Parliamo di 23mila edifici, che tra l’altro sono quelli nelle zone più colpite dal sisma».