ASCOLI- Una nuova mazzata per le imprese della pesca, dopo il boom dei costi delle materie prime, l’invasione dei prodotti stranieri e le limitazioni imposte a ristoranti e turisti, ora arriva anche l’aumento del canone delle concessioni del demanio marittimo. Una vera e propria stangata che avrà conseguenze gravi per tutto il comparto, e in particolare per la piccola pesca del sud delle Marche. A lanciare l’allarme sulla situazione è Coldiretti Ascoli Fermo.
Tassazione equa per salvare il settore
«Occorre una tassazione equa che non vada a danneggiare attività che oltre a far parte della storia e del tessuto sociale di queste zone – spiega il presidente Armando Marconi – offrono un’ottima spalla anche al settore turistico, rifornendo quotidianamente le attività della ristorazione».
Con le nuove norme, le aziende del comparto dovranno pagare un importo annuo del canone delle concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, di 2698,75 euro: prima erano solo 369 euro, come cifra massima. Insomma un aumento dei costi pari al 700% che rischia di affondare molte attività che già da anni combattono con la concorrenza estera ad armi impari.
Nella Marche perso il 13% delle aziende
Nelle Marche, secondo un studio Coldiretti su dati Infocamere, le aziende sono diminuite del 13% negli ultimi 20 anni mentre la quota di pescato estero – lontano dalla qualità e dagli standard di sicurezza del Made in Italy – ha raggiunto l’80% sui banchi nazionali. Una mazzata in uno dei settori trainanti per l’intera regione che vede, ad esempio, la marineria di San Benedetto del Tronto seconda in Italia dietro solo a quella di Mazara del Vallo.
«Una situazione insostenibile – aggiunge il presidente Marconi – che si aggiunge alle problematiche della pandemia con un crack nazionale da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti. Serve un intervento urgente di modifica della norma e della sua applicazione nel segno dell’equità».