ASCOLI – «Le prime azioni del Governo dopo lo scoppio della pandemia sono andate nella strada giusta, aiutando le imprese con garanzie per il credito pensate per una rapida ripresa. Ma la ripresa non è mai arrivata: bisogna quindi allungare i tempi di restituzione ad almeno 15 anni, perché le aziende producono poco e i negozi sono chiusi o vuoti». Lo afferma Valentino Fenni, presidente dei calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico.
L’imprenditore ha incontrato gli omologhi regionali dell’organizzazione, per fare il punto sulla crisi del sistema moda nelle Marche e studiare strategie di rilancio. E il primo messaggio che lancia, è per le istituzioni e il mondo del credito, che non comprendono la gravità della situazione economica e produttiva e vanno a velocità diverse.
«Un salto culturale è necessario per politica e banche – dichiara il presidente dei calzaturieri di Ascoli e Fermo – devono capire che la moda va trattata come i prodotti con scadenza. Non si può pensare che quello che si produce oggi sia vendibile il prossimo anno. Non siamo il Food, ma le regole del mercato della moda non sono lontane da quelle dei prodotti deperibili».
Da questo appello, che si spera venga ascoltato per non rischiare di far chiudere alcune centinaia di piccole aziende nel sud della regione, Fenni passa alle «questioni chiave» che il settore calzaturiero, già in difficoltà da molti anni, deve affrontare costo del lavoro, formazione e internazionalizzazione.
«Non è accettabile la concorrenza interna tra territori dello stesso Stato – afferma il presidente, con riguardo al costo della manodopera differente tra area ed area -. Dalla questione 30% ai patti territoriali passando per le Zes, zone economiche speciali, Puglia e Campania, ma presto anche l’Abruzzo, sono diventate concorrenti interne.
Da anni combattiamo contro i costi del lavoro bassissimi in Europa – aggiunge Fenni – (Spagna, Portogallo, Romania), dall’altra parte dell’Adriatico (Albania e Turchia) e nel mondo (Vietnam, Cina e Africa). Quindi per il nostro territorio occorrono sgravi in modo che l’Area di crisi complessa e la ricostruzione concorrano davvero a far rimanere la manifattura come peculiarità e non zavorra».
Quanto all’internazionalizzazione, il dirigente di Confindustria Centro Adriatico fa prima appello a tutti gli imprenditori del comparto: «Dobbiamo farci trovare pronti alla riapertura», e poi spiega che «il mondo è stato cambiato dalla pandemia e quindi serviranno nuove strategie e di conseguenza risorse. Oltre il 70% della produzione viene esportata, e per mantenere le quote è necessario investire nel digitale, come stiamo facendo.
Ma per il calzaturiero – aggiunge – è necessario un approccio diretto ai mercati e il contatto con la clientela. E quindi chiediamo alle istituzioni un primo intervento di sostegno, che è quello di finanziare per tre anni, con un credito d’imposta del 50%, la partecipazione alle fiere».
E qui si inserisce anche il problema della gestione dello sviluppo e dell’innovazione dei campionari dei prodotti, in una fase nuova ed incerta. Campionari la cui importanza è aumentata, visto che la stagionalità dell’offerta non è più must delle griffe. Fenni chiede quindi una misura che «riduca i costi della ricerca sulla qualità, ma che sia pluriennale e che vada incontro allo stile, alla sostenibilità, alla difesa della manifattura».