ASCOLI – Sono arrivate quattro condanne in primo grado per un traffico internazionale di armi destinate alla Libia, che ha coinvolto anche il Piceno. Il collegio del Tribunale di Ascoli ha emesso la pena più severa al principale imputato: Franco Giorgi, un 81enne di Ascoli, che dovrà scontare 5 anni e 4 mesi di reclusione. Gli altri tre imputati, coinvolti a vario titolo nel sistema illecito, hanno ricevuto pene più lievi: Gamal Botros, 56 anni, di origini egiziane e residente a Colli del Tronto, è stato condannato a 3 anni e 8 mesi. Sirage Zreg, 35enne residente a Torino, e Paolo Rubin, 55enne venezuelano residente a Venezia, hanno ricevuto 3 anni di reclusione ciascuno.
La sentenza
Le pene sono risultate in linea con le richieste avanzate dal procuratore capo Umberto Monti. Le condanne riguardavano attività di intermediazione per la compravendita di ingenti quantitativi di armi e munizioni da far pervenire alla Libia da altre nazioni europee, in violazione della Risoluzione Onu del 1970. Insieme ad altre persone, la cui posizione è stata a suo tempo stralciata, gli imputati erano tutti implicati, a vario titolo, nell’inchiesta condotta della Procura di Ascoli Piceno su un traffico di armi multimilionario. Il materiale sequestrato includeva missili anticarro, fucili di precisione, pistole, mitragliatori, giubbotti antiproiettile, munizioni e puntatori laser, per un valore complessivo stimato intorno ai 15 milioni di euro.
La vicenda
Tutto è partito nel marzo 2015, quando Giorgi aveva dichiarato di essere stato rapito in Libia durante una presunta missione commerciale. Tuttavia, le indagini del ROS dei Carabinieri hanno ricostruito una diversa dinamica, ipotizzando un tentativo di esportazione illegale di armi destinate a una brigata armata libica. Arrestato nel 2015, Giorgi è stato detenuto nelle carceri libiche per quattro anni, periodo durante il quale ha denunciato torture. Nel 2019, è stato estradato in Italia su mandato del Gip di Ascoli per affrontare il processo che si è appena concluso. Giorgi, già noto alle autorità per precedenti legati al traffico d’armi durante la guerra nell’ex Jugoslavia, ha sempre negato le accuse, dichiarando di aver agito legalmente.