CUPRA MARITTIMA – Un tempio rosso, blu e giallo, con decori floreali. Rarissimo. Un caso unico nelle Marche, in cui dal sito archeologico emergono pareti a grandi riquadri che rievocano colori e stili pompeiani. L’eccezionale scoperta, di grandissima rilevanza storico-scientifica, emerge dagli scavi archeologici condotti dall’Università L’Orientale di Napoli nel Parco Archeologico Naturalistico “Civita” di Cupra Marittima.
Dalla campagna di scavi, il cuore antico di Cupra Marittima ha regalato una scoperta capace di attirare l’attenzione del mondo archeologico sulla piccola antica cittadina picena: nella città romana di Cupra, gli scavi hanno rivelato la presenza di frammenti di affreschi di III stile (inizi I secolo d.C.) all’interno della cella del tempio in località “La Civita”. Costruito agli albori del primo secolo d.C. quando su Roma regnava Augusto, il grande tempio romano di Cupra, nel Piceno, fu nella sua prima fase di vita riempito di colori e di immagini in terzo stile pompeiano, con le stesse cromie e gli stessi decori che all’epoca facevano bella mostra di sé nelle case più ricche di Roma e di Pompei. Questa, la scoperta inaspettata e straordinaria, degli archeologi dell’Università Orientale, in collaborazione con la Soprintendenza e il Comune di Cupra Marittima (che gestisce il Parco Archeologico).
«Una grande risorsa per il nostro territorio – dice il sindaco di Cupra Marittima Alessio Piersimoni –; dal 2019 quando la mia amministrazione si è insediata, si è sempre cercato di valorizzare il parco archeologico, consapevoli dell’importanza storico-scientifica ma anche turistica di avere dei resti della città romana che sorgono nella parte nord». L’impegno dell’Amministrazione si è orientato dunque su più fronti: la fruibilità del parco («con aperture tutti i giorni, la presenza di archeologi dell’Archeoclub e l’installazione di pannellature per chi volesse visitare il parco in autonomia senza guide»), l’organizzazione di visite guidate, eventi e serate («come la rassegna teatrale con l’ultimo appuntamento il 31 agosto con “Notre Dame de Paris”; laboratori per bambini in collaborazione con Arca dei Folli e Archeoclub; “Vinaria Rustica” sostenuta dalla Regione Marche sabato scorso»). Inoltre, la fondamentale collaborazione con la Soprintendenza e l’Università L’Orientale di Napoli per riaprire gli scavi.
«Abbiamo nominato un direttore scientifico del Parco, il professor Fabrizio Pesando e a luglio abbiamo ospitato gli studenti dell’università che hanno lavorato per riportare alla luce altri reperti e durante la loro campagna di scavi sono emersi questi frammenti in stile pompeiano che stanno attirando l’attenzione mediatica di tutta Italia sulla nostra città», aggiunge il primo cittadino. E adesso, sul parco archeologico si concentrano anche gli obiettivi per il futuro. «Il sottosuolo ha ancora tanto da dire – spiega ancora Piersimoni – per il futuro, per il prossimo anno in particolare, abbiamo in animo di riaprire la campagna di scavi. E mi corre l’obbligo di ringraziare l’Archeoclub per la grande attenzione e la cura che ha sempre riservato al parco e alle sue attività». Tra gli obiettivi, ci sono anche bandi regionali per intercettare fondi da destinare ai progetti del parco. «Abbiamo partecipato a un bando del Pnrr per 500.000 euro di contributi all’accessibilità e all’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi d’arte e di cultura: vogliamo provare a intercettare questi finanziamenti per ampliare la fruibilità del parco archeologico anche da remoto. Inoltre – aggiunge – in occasione della manifestazione “Vinaria Rustica” di sabato scorso, cui hanno preso parte gli assessori regionali Giorgia Latini e Guido Castelli, l’annuncio che la Regione per la prima volta ha deciso di stanziare un fondo importante (650.000 euro) per valorizzare le aree archeologiche della regione. Attendiamo il bando ufficiale… Intanto, abbiamo l’attenzione della Soprintendenza di Marche sud, con l’architetto Giovanni Issini che già ha visitato due volte l’area archeologica».
L’eccezionale ritrovamento
«Siamo stati molto fortunati», così il direttore scientifico del Parco archeologico professor Fabrizio Pesando dell’Università L’Orientale di Napoli in merito al recente ritrovamento dei resti del tempio corinzio. «Templi con l’interno della cella decorato da pitture sono rarissimi – spiega il professore – ce ne saranno rimasti tre o quattro in tutta Italia. Fino ad oggi era noto solo quello in terzo stile dedicato alla Dea Bona a Ostia e quello a Urbis Salvia (Urbisaglia) e il tempio romano di Nora in Sardegna. Ora questo ritrovamento ci permette di ricostruire la storia del tempio presente nel nostro territorio, che potrebbe essere quello dedicato alla Dea Cupra fatto costruire dall’Imperatore Adriano».
Dunque il ritrovamento di decine di cassette contenenti frammenti di quelle colonne, di quelle pareti con colori e decorazioni rappresentano momenti fondamentali per ricostruire la storia del tempio collegata ai grandi Imperatori Augusto e Adriano; oltre che la storia delle stesse decorazioni. «Il tempio corinzio con sei colonne e una grande cella al centro – spiega – fu costruito alla fine del I secolo a.C. dall’Imperatore Augusto ma, più o meno cent’anni dopo la sua fondazione, intorno al primo quarto del II sec. d.C., il tempio rivelò gravi problemi statici che resero indispensabile un suo restauro radicale, quello che i latini indicavano appunto come “a fundamentis”. Un intervento costoso, portato avanti con le stesse avanzate tecniche che erano state impiegate a Pompei dopo il terremoto del 62 d.C, quello che aveva preceduto di qualche anno la furia del Vesuvio. Per questo si ipotizza che a finanziare quei lavori, potrebbe essere stato lo stesso Adriano, che nel 127 d.C. si fermò a Cupra. Fu in quell’occasione – ipotizza il direttore scientifico dello scavo e del Parco Civitas – che il tempio perse i suoi magnifici colori originari perché dovendo rinforzare i muri che contenevano la cella del santuario, le pareti vennero rivestite di marmo, come imponeva ormai la moda dell’impero. Il meraviglioso azzurro che indica l’iperuranio dove risiedevano le divinità, così come i gialli, i verdi, i rossi, che avevano illuminato quello spazio sacro, finiscono a terra in mille pezzi, che i costruttori romani, abituati a riciclare tutto, avevano messo come base per il nuovo pavimento. l tempio rinnovato diventa un esastilo corinzio, con le sei colonne del fronte che svettano per nove metri, ornate da ricchi capitelli… ».
Tutti i nuovi reperti recuperati sono stati nei laboratori di restauro dove verranno puliti e studiati. Gli scavi riprenderanno in primavera. «A settembre avvieremo lo studio dei materiali rinvenuti – conclude Pesando – concentrandoci sul tipo di decorazione. Poi nella tarda primavera del prossimo anno avvieremo un’altra campagna di scavi di più settimane e un’altra ancora a luglio, anche per dare continuità al lavoro svolto finora e magari, far riemergere qualche altro importante reperto».
L’Area Archeologica
Conosciuta fin dagli studi umanistici settecenteschi, l’area archeologica di Cupra Marittima, costituita Parco Archeologico in base alla legge regionale 16/94, documenta una realtà insediativa che dall’età preromana giunge fino all’età romana imperiale e post-antica. A spiegarne le caratteristiche è proprio il direttore scientifico professor Fabrizio Pesando. «Il sito documenta, oltre a reperti riferibili alla Cultura di Diana fiorita nel Neolitico (V-IV millennio a.C.), la presenza di settori abitativi e di più nuclei di necropoli risalenti al periodo di formazione e di sviluppo della civiltà picena. Un momento centrale coincide con la fondazione del santuario dedicato alla dea Cupra da parte degli Etruschi adriatici. La creazione del santuario di Cupra (assimilata alla Hera dei Greci e alla Uni etrusca) favorì il contatto fra uomini e merci sotto la tutela del sacro».
La localizzazione del santuario della dea Cupra rimane ancora ignota, forse questo ultimo ritrovamento potrebbe indicare che era proprio quello il tempio fatto erigere dall’Imperatore Adriano e finanziato da lui stesso. Le prime ricerche archeologiche sul pianoro della Civita si svolsero nel Settecento e alla fine dell’Ottocento; durante quei lavori furono scoperti una bella testa di divinità femminile – datata alla prima età imperiale – e i frammenti del calendario dei principali avvenimenti storici romani, i Fasti Cuprenses; questi importanti reperti sono attualmente conservati nel Museo Civico di Ripatransone. Alla fine del Novecento e fino al 2012 sono state condotte indagini più sistematiche, a cura della Soprintendenza Archeologica delle Marche e della società Arcus, che hanno portato in luce parte della piazza del Foro e degli edifici che su di essa si affacciavano o si trovavano nelle immediate adiacenze. Fra questi si segnalano: una stanza residenziale affrescata, forse appartenente a una ricca casa con affaccio sul mare; un edificio pubblico quadrangolare (la cd. Basilica); il grande tempio aperto sul lato ovest del Foro, in genere identificato con il Capitolium della città, affiancato da due archi. Lungo la strada d’accesso all’area del Foro sono visibili i resti di un monumento funerario e il lato nord-est delle mura. Il parco archeologico è oggetto di valorizzazione e attenzione da parte dell’Amministrazione comunale, tanto da renderlo visitabile tutti i giorni anche senza prenotazione. Info anche alla pagina Facebook “Parco Archeologico Naturalistico Civita di Cupra Marittima”.