ASCOLI – Ci si inventa ormai di tutto pur di ottenere il reddito di cittadinanza. A cominciare dal rilascio di dichiarazioni false che poi vengono puntualmente scoperte dagli organi competenti.
Ma quello che ha svelato un’indagine della Guardia di Finanza di Ascoli, fino ad ora non faceva parte della casistica pur variegata dell’argomento in questione. Perché a percepire l’assegno erano stavolta anche cinque detenuti del carcere di Marino del Tronto. E la condizione di condannato per alcuni reati e quindi di recluso in qualche istituto penitenziario, esclude categoricamente qualsiasi tipo di beneficio.
Non avevano dichiarato di essere detenuti
Ma alcuni detenuti erano riusciti a fare il mezzo miracolo. Come? Omettendo semplicemente nella domanda per ricevere il reddito di cittadinanza, di essere rinchiusi in carcere. A scoprire il raggiro e a denunciare i reclusi in questione, è stato il Nucleo di polizia economico-finanziario delle Fiamme gialle Ascoli, nell’ambito di un‘inchiesta condotta in collaborazione con l’Inps.
Esaminando le posizioni di tutti i soggetti che hanno richiesto il beneficio sia prima di entrare in carcere che dopo essere stati reclusi, i militari hanno individuato l’irregolarità palese della domanda avanzata da 5 persone.
Il caso limite di una donna con il marito detenuto
Tra loro il caso più sconcertante è quello di una donna di 37 anni che aveva richiesto l’assegno in questione, indicando un nucleo familiare composto da figlio minorenne e coniuge. Il tutto però, omettendo di dichiarare che anche quest’ultimo era detenuto presso il penitenziario di Marino del Tronto.
Segnalati all’Inps e denunciati
Una doppia beffa per lo Stato, che tuttavia non si comprende bene come sia stata concretamente attuata. Ma tant’è. Ora i finanzieri hanno segnalato all’Inps i nominativi dei detenuti che percepivano il reddito di cittadinanza senza averne diritto, e questo per procedere alla revoca dell’erogazione ed anche al recupero delle somme incassate indebitamente, pari a 22 mila euro.
Naturalmente i responsabili dell’operazione sono stati denunciati alle competenti Procure della Repubblica per aver reso dichiarazioni false o attestanti cose non vere. Un reato che prevede la pena della reclusione da due a sei anni. Da aggiungere a quella che già i detenuti in questione stanno scontando.