Ascoli Piceno-Fermo

Calzaturiero Marche, preoccupazione per l’avvio 2024. Fenni: «Cresce la richiesta di cassa integrazione. Ordini in calo»

Secondo i dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda, l'export marchigiano ha chiuso il 2023 con una crescita (+2,7%) sul 2022. Il vice presidente di Assocalzaturifici fa un'analisi dell’attuale quadro del comparto e lancia l'allarme

Segna una crescita del +2,7% l’export del calzaturiero marchigiano rispetto al 2022. Il dato riferito al 2023 arriva dal Centro Studi di Confindustria Moda, che lo ha elaborato per Assocalzaturifici. Le Marche si collocano al quarto posto in Italia per fatturato relativo alle esportazioni di calzature e parti, dietro Lombardia, Veneto e Toscana.

Un dato, spiega Valentino Fenni, presidente della sezione calzature di Confindustria Fermo e vicepresidente Assocalzaturifici Marche che va letto, per coglierne la dimensione reale, guardando anche alla «quantità di prodotto esportato» che «è in calo. Il valore delle esportazioni – tiene a precisare – è aumentato a seguito dell’aumento dei prezzi di vendita causato dall’inflazione e dai rincari delle materie prime».

Un calo, quello delle calzature esportate, che «si conferma nei primi mesi del 2024 a causa dell’instabilità del quadro geopolitico internazionale, cioè per il conflitto tra Russia e Ucraina e per la crisi in Medio Oriente». Fenni esprime preoccupazione per «la crescita delle richieste di cassa integrazione che si sta registrando nel 2024: l’anno scorso avevamo problemi a trovare personale, mentre quest’anno perdiamo capacità produttiva sul territorio».

Ad essere in crisi, spiega, «non sono solo le aziende medio-piccole, ma anche quelle grandi». Il vice presidente di Assocalzaturifici evidenzia che «sono cambiate le priorità negli acquisti dei consumatori rispetto al periodo pre-pandemia, adesso – osserva – si preferisce fare un viaggio o andare al ristorante, piuttosto che acquistare un capo di abbigliamento o una calzatura, un trend che si sta consolidando». «Stiamo compiendo grandi sforzi con investimenti in nuove tecnologie, sostenibilità e digitale, ma subiamo sia la concorrenza interna, da parte di regioni del Sud Italia, sia quella europea da parte di Paesi come Spagna, Portogallo e Romania, che extra Ue dalla Turchia e dalla Cina, paesi che non rispettano i diritti dei lavoratori. Noi importiamo dalla Cina 117milioni di euro di scarpe e la Turchia ci chiede certificazioni che i nostri prodotti non inquinino. Serve reciprocità nelle regole per quanto riguarda le importazioni».

Per uscirne, aggiunge, «bisogna sostenere i consumi delle famiglie e abbassare l’Iva sui nostri prodotti per sostenere il Made in Italy». Tornando ai dati l’export marchigiano rappresenta un 10,9% del totale nazionale. I prodotti Made in Marche sono destinati soprattutto al mercato di Germania (-7.6%), Francia (+23,6%), Usa (-10,2%), Cina (-39,4%), e Russia (+28,9%).

Le importazioni invece ammontano a 508,01 milioni di euro (+1,6%): i provincia di Pesaro Urbino crescono del +85,6%, mentre nel Fermano segnano +11,3%. In calo l’import in provincia di Ancona dove la flessione si attesta al -1,6%, nel Maceratese al -7,2% e nell’Ascolano al -8%.

A fare da traino è la provincia di Fermo dove la quota dell’export ha raggiunto i 706,33 milioni di euro (+4,6%). A seguire nella classifica c’è la provincia di Macerata con 443,36 milioni di euro (+6,3%). A registrare la crescita maggiore è la provincia di Pesaro Urbino che segna un +7,2%, ma l’area è fanalino di coda per valore dell’export che si ferma a quota 8,86 milioni di euro.

In provincia di Ascoli Piceno l’export tocca i 208,75 milioni di euro, un dato in calo rispetto al 2022 del -6,3%, flessione anche in provincia di Ancona dove le esportazioni del calzaturiero crollano del -24,1% e il valore si attesta a 22,86 milioni di euro (-24,1%).