ASCOLI PICENO – Allarme per l’occupazione e per l’economia congelata nella provincia di Ascoli. Dicembre 2020 ha confermato un mercato del lavoro piatto nelle piccole imprese artigiane e commerciali, registrando un crollo delle assunzioni e un forte arretramento delle cessazioni. Questo a causa della crisi economica e ma anche dei provvedimenti governativi sul divieto di licenziamento, fino al massiccio ricorso alla cassa integrazione guadagni.
La conseguenza di questo combinato disposto è stata un calo del 2 per cento nell’occupazione tra le aziende, come si era verificato a dicembre 2019.
«La situazione di stasi, quasi di congelamento – sostiene Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli Piceno – sta evitando l’emorragia occupazionale. Ma non è purtroppo un dato reale, se analizzato in prospettiva. Nell’emergenza che continua è fondamentale mantenere e rafforzare i sostegni alle imprese affinché non siano costrette a disperdere il loro capitale umano».
In considerazione dell’emergenza attuale, che tutti si augurano non durerà per sempre, secondo Balloni la differenza nel futuro prossimo la faranno «le politiche attive del lavoro e della formazione che i territori riusciranno a mettere in campo».
In apparenza l’andamento occupazione del dicembre 2020 non si discosta dagli stessi mesi degli anni precedenti. L’ultimo mese dell’anno si caratterizza da tempo come un periodo di ripiegamento dell’occupazione in quanto molti rapporti di lavoro giungono a scadenza e il numero di cessazioni supera abbondantemente quello delle attivazioni di nuovi contratti. Se il risultato finale differisce poco dall’andamento consueto, quindi è la sua strutturazione che fa molto preoccupare le associazioni di categoria e del mondo produttivo. Nel dicembre scorso, infatti, le assunzioni sono scese del 30,5 per cento mentre le cessazioni sono diminuite del 13,5 per cento.
La crisi sanitaria e socio-economica poi non ha invertito una tendenza che sembra inesorabile: il calo dei contratti a tempo indeterminato. Secondo la Cna di Ascoli, che cita un rapporto del suo Centro studi regionale, «la disaggregazione dell’occupazione nelle imprese artigiane, micro e piccole mostra che a fine 2020 la quota di questi contratti sul totale era calata al 55,2 per cento (contro l’86,1 per cento del dicembre 2014) a fronte del 29,4 per cento dei contratti a tempo determinato (+23,8 per cento in sei anni esatti), al 12,4 per cento dell’apprendistato (+6,6) e al 3 per cento del lavoro intermittente (+0,5)».
Un quadro allarmante che istituzioni e forze sociali devono affrontare al più presto. Soprattutto in vista della possibile ma non certa fine del blocco dei licenziamenti decisa dal Governo Conte, fino al mese di marzo.