ASCOLI PICENO – Segnali di speranza per il futuro del Piceno arrivano dalla filiera dell’edilizia privata. Grazie all’effetto combinato del «Sismabonus» per le ristrutturazioni nell’area del cratere sismico, e soprattutto del «Superbonus» al 110%, per le riqualificazioni energetiche di tutti gli edifici, è ripartito un comparto che potrebbe fare da volano a una ripresa complessiva dell’economia locale.
L’effetto dei due provvedimenti che incentivano le detrazioni fiscali e il credito d’imposta ha iniziato ad esplicarsi soprattutto dal mese di ottobre di quest’anno, sebbene le misure siano precedenti. Con un gran numero di cantieri edili privati che si sono finalmente sbloccati, dando fiato a un settore in sofferenza ormai da molti anni.
Tanto che le previsioni delle organizzazioni di categoria parlano di un possibile aumento dei volumi di attività del 30% nel corso del 2021, con un incremento occupazionale del 15%.
Questo significa per l’Ascolano, almeno altri 2 mila nuovi posti di lavoro in un comparto che ne impiega 23 mila, per l’80% dipendenti di piccole imprese con meno di 20 addetti. Puro ossigeno per il territorio e per 2800 aziende della provincia, che da tempo resistono all’impatto devastante di crisi multiple che si sono sommate negli ultimi periodi, da quelle finanziarie al blocco seguito al terremoto ed ora al covid.
«Sarebbe stato meglio prorogare il Superbonus al 2023 – dichiara Francesco Balloni, direttore provinciale Cna – con conseguenze positive che potevano prolungarsi per molti anni, ma la conferma per altri due è già importante. La domanda privata di riqualificazioni edilizie adesso è certamente molto sostenuta, ma occorre che siano le piccole imprese del territorio, picene o marchigiane ad operare in questo ambito, perché così sarà tutta la filiera locale a beneficiarne in termini di forniture e professionalità richiesta».
Insomma, la preoccupazione è che le aziende più grandi e strutturate, non solo forestiere, monopolizzino anche questo nuovo e fondamentale mercato, impedendo da un lato una ripresa generale dell’economia reale e dall’altro costringendo artigiani e tecnici ad accettare condizioni non remunerative, pur di lavorare negli appalti più importanti.
Eppoi c’è il nodo della liquidità per le stesse Pmi, che devono scontare tempi di incasso più lunghi ed un rapporto con le banche che non favorisce il loro accesso al credito, nonostante le garanzie normative.
Nonostante ciò, l’edilizia privata va ed ha ripreso il suo cammino, anche in quella vasta area del cratere sismico dove tutti apprezzano il lavoro di snellimento burocratico avviato dall’ultimo Commissario alla Ricostruzione Giovanni Legnini (a cominciare dall’Ordinanza 100). E così potrebbe tornare a crescere l’occupazione anche nei piccoli centri dell’entroterra devastati dal terremoto. Fornendo reddito non solo a manovali e muratori, ma anche – come ricorda Cna – a ingegneri termoidraulici, tecnici, impiantisti. Oltre agli addetti dei trasporti e dei servizi collegati, necessari nel corso dell’avanzamento dei cantieri.
Tutto bene dunque, anche in tempi di covid e restrizioni varie? Non completamente, perché è chiaro che la ripresa accelerata del comparto delle costruzioni porta con sé rischi maggiori per la sicurezza del lavoro e per la tutela di operai e professionisti impiegati sul campo. E l’ultimo incidente mortale accaduto a Monsampolo appena pochi giorni fa, sta lì a testimoniarlo.
«Il mercato del settore, nel nostro territorio si sta già saturando – spiega Paola Senesi, segretaria Fillea Cgil – e questo favorisce l’arrivo di imprese di altre regioni, dal Nord e dal Sud d’Italia che non sempre sono integrate nel sistema dei controlli pubblici esistente. Per questo è fondamentale che tutte applichino il contratto nazionale di categoria e siano iscritte alle Casse edili, formando i lavoratori».
«Noi – aggiunge la Senesi – abbiamo favorito per l’area sisma la costituzione di un Tavolo di flusso della manodopera che permette a tutte le istituzioni e associazioni coinvolte di monitorare la situazione, e questo con riguardo anche all’eventualità di infiltrazioni criminali negli appalti (nelle Marche le misure interdittive antimafia sono passate da 0 a 10 in un anno). Ma occorre andare oltre, e sull’esempio del Protocollo sulla sicurezza che abbiamo siglato con il Comune di Force, dobbiamo estendere a tutta la provincia accordi che garantiscano il buon operato delle aziende attive nei lavori. Faccio appello alla Prefettura di Ascoli affinché si vada in questa direzione».