ASCOLI PICENO- “Il Tiglio” di Montemonaco è il primo ed unico ristorante della provincia di Ascoli Piceno ad aver ottenuto un prestigioso riconoscimento da parte della Guida Michelin. Pochi giorni fa infatti, è stato decretato tra i migliori ristoranti d’Italia ed insignito con una stella Michelin.
Merito sicuramente dello chef Enrico Mazzaroni e del suo maitre Gianluigi Silvestri che da sempre curano ogni piatto nel suo minimo dettaglio, facendo della loro cucina un mix di studio e creatività, tale da diventare riconoscibile e particolare, ma soprattutto unica. Elementi che ritroviamo nei menu de “Il Tiglio”, con una cucina primitiva, che mette al centro le origini dei vari ingredienti, vicina alle terre da dove provengono, ingrediente speciale che gli ha permesso di ottenere un risultato che va al di là delle mode.
Mazzaroni, cosa ha provato dopo aver ottenuto il riconoscimento della stella della Guida Michelin?
«Siamo molto felici dopo tanti anni di duro lavoro. È una grossa soddisfazione oltretutto perchè si tratta della prima e unica stella della nostra provincia. Il nostro impegno costante ha portato luce in questo piccolo paese dell’entroterra così duramente messo alla prova durante il terremoto. Speriamo che porti tanta speranza a tutti coloro che hanno deciso di rimanere e a coloro che vorranno tornare. Per noi è una grande conquista anche perchè il nostro è un ristorante che si trova all’interno di un agriturismo. In tutta Italia siamo pochissimi, forse due».
Quale è il segreto del vostro successo?
«Non ci sono segreti, se non duro lavoro ed un imperturbabile impegno diretto verso il cliente. Infondo, coloro che ci hanno premiato, non sono altro che persone che vogliono andare in un ristorante e mangiare bene».
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(La video intervista allo chef Mazzaroni è stata realizzata da CentroPagina.it due anni dopo la ripertura del ristorante, chiuso a causa del sisma del 2016, ndr)
Cosa si mangia al ristorante “Il Tiglio”?
«Nella nostra carta ci sono due tipologie di degustazioni: la prima si chiama “Il Ritorno” e la seconda “Transumanza”. Il ritorno è sicuramente legato alla nostra storia, per non dimenticare i giorni passati, costituito da piatti nuovi per celebrare un nuovo inizio. Troviamo: la sfera liquida di parmigiano e frutto della passione, la trota nel bosco, una cialda croccante di mandorle con trota marinata, gel di abete e gel di trota e la perla di burro, nocciole e fegato grasso.
La transumanza invece vuole ricordare l’esperienza dei i miei nonni che portavano i greggi dei grandi proprietari terrieri dalla Maremma ai Sibillini durante il periodo estivo e viceversa durante l’inverno, lasciando le loro famiglie e il loro amato territorio. Così come loro, anche noi abbiamo “transumato” nel nostro inverno, quando a causa del terremoto, ci siamo trasferiti a Porto Recanati, per poi tornare dopo due anni a casa, qui a Montemonaco. Questo distacco anche se doloroso, ci ha insegnato molte cose, ci ha fatto crescere e ci ha ispirato diversi piatti di mare a cui originariamente la nostra cucina era estranea. Ecco allora l’idea di questo menù di pesce che approfondisce il mix tra frattaglie e carne che avevamo tralasciato una volta giunti a Porto Recanati».
La transumanza si compone di diversi piatti. «La sacca del pastore, con cui ricordiamo la sacca dove il pastore metteva il cibo per poi mangiarlo quando si riposava. Potremo definirlo un “pic-nic moderno”! Serviamo una pancetta ricoperta di marmellata salata di ciliegie fermentate e la schiuma fatta con il suo grasso, una pallina di cotenna ripiena di formaggio di soia. A seguire, cervello e gamberi: il cervello di agnello in tempura incontra i gamberi rossi di Mazzara. Crema di latte e karkadè, fegato e ostriche e verbena. Fegato di vitello in crema e arrosto, tartare di ostriche marinate nell’estrazione di Melissa suprime di ostriche, il tutto ricoperto con una foglia di bieta. Spaghetti vergini trafilati oro con loomi, il limone del deserto che richiama i beduini pastori anch’essi in un mondo parallelo ma distante. A seguire, pane nero ai cereali con la biga, pane bianco con farina rigermogliata del nostro grano, focaccia ottenuta con la fermentazione della mela rosa e le acciughe, kefir e burro salato. Seppia alla brace con testina di vitello. Ricciola e durelli di pollo e kiwi. Tortelli di ragù d’anatra, brodo di rosmarino accompagnato da una frittellina giapponese con prosciutto di anatra. Lesso di colombaccio e castagne fermentate, un boccone in cui cerchiamo di incentivare la forza di questa cacciagione, filetto di cervo alla griglia, con gli scarti facciamo un ragù, di erbe raccolte e e salsa di miso e cocco».
Cosa si devono aspettare i vostri clienti da questi menù?
«Le nostre degustazioni sono dei veri e propri percorsi fatti di bosco, mare e acqua dolce come ne “Il Ritorno”, così da cercare di mantenere un punto di equilibrio per tutti i palati mentre la “Transumanza” è un viaggio tra sapori forti, decisi grazie all’unione di pesce e frattaglie di carne».