Ascoli Piceno-Fermo

Dai lupi Paola e Artù a trote e camosci: come stanno gli animali dei Sibillini?

La panoramica dei progetti scientifici seguiti all'interno del territorio del Parco: dai 12 nuclei familiari di lupi ai 54 piccoli di camosci, fino la lavoro su insetti e uccelli come indicatori di biodiversità

Camosci sui Sibillini

Ecco una panoramica e un bilancio dei progetti scientifici seguiti all’interno del territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Cominciamo dai lupi
Dal 13 ottobre sono riprese le attività di marcatura di lupi con radiocollari satellitari. L’obiettivo è raccogliere informazioni sulla biologia e le abitudini del principale predatore dei Sibillini, utili a migliorare le attività del Parco per la sua tutela ma anche a ridurre i conflitti con gli allevatori. L’applicazione del radiocollare avviene attraverso delicate operazioni di cattura di lupi in natura, che poi devono essere anestetizzati e, successivamente, liberati appena risvegliati. Questi interventi si inseriscono nel progetto di sistema “WOLFNET2.0 – misure coordinate per la tutela del lupo in Appennino”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con fondi per l’indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità. Capofila del progetto è il Parco Nazionale della Majella. Gli altri partner sono, oltre al nostro Parco, quello del Gran Sasso e Monti della Laga, delle Foreste Casentinesi e dell’Appennino Tosco-emiliano.

Lupi “radiocollarati” sui Sibillini

Le attività in loco sono svolte dagli zoologi dell’Istituto di Ecologia Applicata di Roma e dai tecnici del Parco. Al progetto collabora anche il Reparto Carabinieri “Parco Nazionale Monti Sibillini”. Propio nella giornata del 13 ottobre è stata subito catturata e radiocollarata la lupa F3, cui è stato dato il nome “Paola” in onore del carabiniere forestale Paola Lucarini venuta a mancare improvvisamente lo scorso 17 settembre. Tramite l’uso di fototrappole si è accertato che Paola è accompagnata da un lupo maschio, e non si esclude che possano avere dei cuccioli. Il 20 novembre, sempre nei pressi di Visso, è stato catturato e radiocollarato il lupo M4, cui è stato dato il nome “Artù”, un individuo maschio di circa 4 anni di età e 25 kg di peso. I dati finora raccolti sulla loro localizzazione indicano che i due lupi occupano diversi territori, seppure adiacenti. Gli spostamenti finora registrati risultano piuttosto limitati, e questo può essere legato ad una abbondante disponibilità di risorse alimentari che, in questo territorio, non sono costituite soltanto da prede selvatiche come cinghiali, caprioli e cervi, ma anche da risorse di origine antropica, soprattutto derivanti da allevamenti zootecnici e ittici. La localizzazione satellitare del lupo integra altre tecniche di monitoraggio come l’utilizzo di foto e video trappole, gli esami genetici su campioni di feci o l’ululato indotto (wolf howling) che si effettua in estate per individuare i cosiddetti siti rendez vous, cioè le aree utilizzate dai gruppi familiari per lo svezzamento dei cuccioli. Sulla base di questo insieme di dati, annualmente aggiornato, si è potuta stimare la consistenza numerica della popolazione di lupi nonché ricostruire una mappa dove sono riportati i confini dei loro territori. Nel 2019 la stima si aggirava tra i 74 e gli 82 lupi, distribuiti in 16 gruppi familiari presenti anche in territori esterni al Parco; questo dato, rapportato al territorio interno al Parco, si riduce a 50-56 lupi. Per il 2020 la stima si attesta ad un numero, probabilmente sottostimato, di 12 gruppi familiari equivalente ad una popolazione oscillante tra i 51 ed i 63 individui in tutta l’area dei Sibillini.

Su e giù per le cime a contar camosci
Anche quest’anno sono stati effettuati i censimenti del camoscio appenninico, reintrodotto nel Parco nel 2008. Durante il censimento estivo svoltosi il 30 luglio – che ha il principale obiettivo di contare il numero di nuovi nati – è stato contato un numero complessivo di 110 camosci, di cui 19 piccoli, mentre in quello autunnale svoltosi il 4 novembre che ha l’obiettivo di contare anche i maschi adulti che in questo periodo si riuniscono ai branchi per l’accoppiamento – è stato contato un numero complessivo di 192 camosci, di cui 54 piccoli. Sulla base dei dati di monitoraggio effettuati costantemente durante l’anno, il numero minimo certo di camosci nel territorio del Parco è di 197 unità, con un incremento di ben il 34% rispetto allo scorso anno. È altamente probabile che la popolazione complessiva possa realisticamente attestarsi sul numero di circa 250 individui.

Camosci sui Sibillini

Per quanto riguarda le aree di maggiore presenza, il massiccio del monte Bove rappresenta tuttora di gran lunga l’area più frequentata, ma nuovi branchi si stanno formando anche in altre aree, ad esempio sul Monte Priora. I censimenti sono stati organizzati ed effettuati dagli zoologi del Laboratorio di Ecologia Applicata di Perugia e dai tecnici del Parco, con la collaborazione del Reparto Carabinieri “Parco Nazionale Monti Sibillini” e di volontari; purtroppo, a causa delle misure di contenimento dei contagi da covid-19, quest’anno la partecipazione di volontari è stata limitata a coloro che avevano già fatto esperienza del censimento. In ogni caso i dati rilevati risultano molto positivi poiché confermano il trend di crescita della popolazione di questo straordinario animale endemico dell’Appenino centrale che, per 2 volte, nella prima metà del ‘900, ha sfiorato l’estinzione.

Life Streams: un progetto per il recupero della trota mediterranea
Proseguono le attività del progetto comunitario Life STREAMS, avviato nel settembre dello scorso anno, che ha come obiettivo il recupero e la conservazione della trota mediterranea (Salmo cettii), specie di interesse comunitario endemica dell’area mediterranea e unica trota autoctona dell’Italia centromeridionale. In particolare, è stata di recente conclusa l’azione preparatoria per la caratterizzazione degli habitat, che ha interessato diversi corsi d’acqua del Parco, tra cui il Nera, l’Ussita, il Sordo, l’Aso e il Fiastrone; gli interventi, realizzati dagli ittiologi delle Società Aquaprogram di Vicenza e Hyla di Perugia con la collaborazione dei tecnici del Parco, ha previsto la raccolta di dati sulle caratteristiche ambientali e dei pesci presenti, mediante la loro cattura con elettropesca e immediato rilascio dopo la raccolta delle informazioni su densità, dimensioni, età e specie di appartenenza.

Trota mediterranea

Il progetto, della durata di 4 anni, basandosi anche sull’esperienza del precedente Life TROTA svoltosi dal 2013 al 2018, mira a progettare e applicare all’intero areale nativo della trota mediterranea una strategia per migliorare il suo stato di conservazione, implementando anche la qualità degli habitat di acqua dolce e contrastando il fenomeno dei ripopolamenti illegali con trote “aliene”. Il progetto è coordinato dal Parco Nazionale della Majella, e vi partecipano, oltre al Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, il Parco Nazionale del Pollino, il Parco di Montemarcello-Magra-Vara, l’ISPRA, l’Agenzia forestale regionale Sardegna, l’Università degli Studi di Perugia, Legambiente e la Società Noesis.

Alla ricerca di insetti indicatori
Un altro progetto molto importante che il Parco sta seguendo è quello relativo all’accertamento della presenza all’interno del suo territorio dell’Erannis Ankeraria e al monitoraggio della Rosalia Alpina, dell’Osmoderma Eremita e dell’Euplagia quadripunctoria. Sono tutti nomi di specie di interesse comunitario due delle quali, l’Eremita e la Rosalia, indicatrici di alberi monumentali, senescenti e/o di legno morto. La loro presenza implica forme di gestione del bosco orientate esclusivamente a fini naturalistici. Il progetto, della durata totale di due anni, è stato attivato grazie ai fondi della Direttiva Biodiversità del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tra i risultati attesi vi è l’accertamento della definitiva scomparsa dall’area dei Sibillini dell’Erannis Ankeraria, avvenuta con ogni probabilità a causa di attività di taglio boschivo eseguite in passato con eccessiva intensità e non rispettose della biodiversità forestale.

Per altre due specie, Rosalia ed Eremita, due coleotteri saproxilici, si tratta invece della prima indagine sistematica condotta direttamente dal Parco, che fa seguito ad un monitoraggio eseguito nel 2014 su alcune aree sperimentali. Ricordiamo che il Parco ha aperto la ricerca di questi insetti anche all’utenza invitando gli appassionati della natura e i visitatori ad una puntuale attenzione per tutte le forme di vita che popolano i Monti Sibillini. Gli avvistamenti possono essere inviati all’indirizzo e-mail salvi@sibillini.net specificando la data e il sito esatto di ritrovamento ed allegando la relativa foto.

Uccelli e agrosistemi
Possono convivere attività agro-pastorali e uccelli? È questo il senso del progetto di sistema svolto dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini insieme a quelli del Circeo, Gran Sasso Laga, arcipelago toscano e Appennino tosco-emiliano. “Gli uccelli come indicatori della biodiversità: le comunità ornitiche negli agro-ecosistemi dei parchi nazionali italiani” è il titolo di questa ricerca il cui valore sta nel valutare la bioindicazione che molte specie di uccelli hanno rispetto alle pratiche agricole condotte nei loro habitat preferenziali. Il monitoraggio di queste specie consentirà di capire se è necessario attivare misure gestionali per rendere le attività agro-pastorali più compatibili con gli obiettivi di conservazione del parco.