ASCOLI PICENO – C’è grande preoccupazione tra gli allevatori del territorio piceno per il rischio di chiusura definitiva del mattatoio di Ascoli. La struttura, strategica anche per le aziende abruzzesi e umbre, ha bisogno urgente di interventi strutturali e di adeguamento dei locali. Il Comune, nei mesi scorsi, aveva cercato di trovare un acquirente che si facesse carico dei lavori ma dopo due aste andate deserte il tempo è ormai agli sgoccioli. E questo sta mettendo in allarme le imprese di allevamento del Piceno e tutto l’indotto collegato.
L’allarme della Coldiretti Ascoli e Fermo
«Privarsi di una struttura di questo tipo – spiega Milena Sanna, direttore di Coldiretti Ascoli Fermo – si tradurrà in un aggravio dei costi per le aziende, costrette a cercare altrove. I mattatoi più vicini sono improponibili: quello privato di Acquasanta Terme non lavora conto terzi, a Castignano si occupano solo di suini mentre Ripatransone ha capacità inferiore e non riuscirebbe a sopperire ai numeri di Ascoli. Senza dimenticare che parliamo di un sito produttivo – aggiunge la Sanna – che funge anche da laboratorio analisi per la trichinella, uno degli appena 10 di tutta Italia, anche per i cinghiali che vengono abbattuti sia in periodo di caccia che nel periodo di selezione e contenimento. Dunque è fondamentale per la sicurezza alimentare».
Il mattatoio di Ascoli è il più grande delle Marche
Il mattatoio di Ascoli è il più grande delle Marche: nel 2020 sono stati macellati quasi 18mila capi. In tutta la provincia sono attivi oltre 3mila allevamenti tra pecore (circa 25mila capi), maiali (15mila), mucche (5.500) e capre (un migliaio). Un numero molto elevato di aziende che chiede alle istituzioni di evitare che l’impianto del capoluogo venga chiuso.
«Per la zootecnia locale e non solo – conclude il direttore di Coldiretti – rappresenta un punto fermo e strategico. Oltre a 7 dipendenti diretti della struttura ci sono a rischio molti posti di lavoro in tutta la nella filiera zootecnica: aziende e famiglie che contribuiscono all’economia del territorio e che non bisogna lasciare senza reddito».