Ascoli Piceno-Fermo

Tangenti in Regione, parlano gli imprenditori di Ascoli: «Mai dato soldi»

I fratelli Matteo e Stefano Rozzi hanno reso interrogatorio di garanzia. «I ribassi erano gli stessi di altre ditte»

ANCONA – Rigettano le accuse di corruzione per vincere gli appalti regionali relativi ai lavori sui tratti fluviali i fratelli Rozzi di Ascoli Piceno. Insieme ad altre 22 persone (16 indagate ancora a piede libero e sei con misura cautelare come loro – solo uno è in carcere, il funzionario Euro Lucidi in servizio all’ex Genio civile gli altri sono ai domiciliari) sono finiti nella maxi inchiesta dei carabinieri forestali di Ancona denominata “Mystic River”.

«Mai dato denaro, i ribassi nella gara erano gli stessi fatti da altre ditte per lo stesso tratto di fiume dove i lavori poi non li abbiamo fatti noi». Così Matteo e Stefano Rozzi, finiti in manette il 14 giugno scorso, hanno spiegato alla gip Sonia Piermartini, durante l’interrogatorio di garanzia. I due fratelli sono stati sentiti  lunedì al tribunale di Ancona, con il proprio avvocato Mauro Gionna del foro di Ascoli. Hanno precisato la loro posizione respingendo le accuse di tangenti per pilotare gli appalti della Regione relativi ai lavori sui tratti fluviali come ipotizzato dalla Procura di Ancona.

I Rozzi hanno una piccola azienda, la DueZeta Costruzioni, con la quale si sono aggiudicati la gara da oltre 900mila euro relativa a lavori da fare nel Comune di Ripatransone, per il tratto di fiume Tesino. Su un regalo di Natale che gli imprenditori avrebbero fatto avere al funzionario della Regione Euro Lucidi è stato Stefano, 59 anni, direttore tecnico dell’azienda, a chiarire alla gip che «era solo una bottiglia magnum di spumante» fatta a Lucidi come ad altre persone con cui la loro azienda lavorava. Il pacco era stato portato di persona a Lucidi. Una consegna come tante fatte ad altre persone per Natale hanno osservato i fratelli. «Cose non di valore – ha puntualizzato l’avvocato Mauro Gionni – di sicuro non un provento corruttivo». Anche i pranzi che la Procura gli accusa di aver offerto al funzionario sarebbero state spese di poco valore, 20 euro, perché «capitava che si mangiasse fuori – hanno specificato i fratelli – dovendo spesso incontrarsi per sapere che lavoro fare». I Rozzi sono agli arresti domiciliari e ieri mattina, tramite il loro avvocato, hanno fatto richiesta alla gip per avere il permesso per uscire di casa e andare al lavoro.