SAN BENEDETTO DEL TRONTO – A dieci giorni dalla morte, è stata svolta l’autopsia sulla salma di Stefania Camela, la 47enne impiegata del Comune di San Benedetto del Tronto deceduta 48 ore dopo essersi sottoposta ad un intervento al naso in una clinica privata a Milano. E’ stata una tromboembolia polmonare massiva a causarne il decesso, in base a quanto emerge dall’esame autoptico eseguito all’obitorio del Policlinico.
L’esame
Bisognerà adesso verificare se c’è il nesso causa tra l’intervento e l’insorgenza della tromboembolia e se era obbligatoria la somministrazione della terapia anticoaugulante. All’autopsia hanno partecipato anche i periti di parte: per i famigliari della donna rappresentati e difesi dall’avvocato Dario Alessio Sobillo ha assistito il medico legale Giovanni dell’Aquila di Foggia. Presenti anche due periti nominati dai sanitari che hanno eseguito l’intervento chirurgico. Nei loro confronti il pubblico ministero della procura di Milano Luca Caglio ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Michele Sobillo, compagno di Stefania, avrebbe avuto un dialogo approfondito con il medico legale che ha eseguito l’autopsia. In base a quanto trapelato, a detta dell’uomo, la donna poteva essere salvata con il semplice impiego di un anticoagulante, ovvero il farmaco che impedisce la formazione di coaguli per prevenire il rischio di trombosi.