NEW YORK – Sono trascorsi 18 anni dall’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 che cambiò il mondo, uccise 3000 persone e innescò la guerra con Afghanistan ed Iraq. Sul web non si sono mai placate le teorie del complotto che mirano a screditare la versione ufficiale dei fatti in favore dell’ipotesi della demolizione controllata, ovvero l’”inside job”, come lo chiamano gli americani. Nell’immaginario collettivo sono due le torri colpite a New York dagli aerei dirottati dai terroristi islamici, le Torri Gemelle del World Trade Center, e tutta l’attenzione si è sempre focalizzata su di loro, proclamandole simbolo del terrorismo di Al Qaeda. Ma in quel giorno furono tre i grattacieli che crollarono, e il terzo non fu mai colpito da un aereo. Stiamo parlato della torre n.7, il WTC 7 o Salomon Building (sede dell’omonima Banca di affari), quella che per molti rappresenta la pistola fumante del complotto che sarebbe andato in scena l’11 settembre, e che crollò alle 17:20 in meno di tre secondi.
Sono tre gli interrogativi ancora aperti sul crollo della WTC7:
1) Perché la giornalista della BBC annunciò il crollo della torre 20 minuti prima, quando ancora il grattacielo era in piedi?
2) Perché la torre crolla in caduta libera come in una demolizione controllata?
3) Può un incendio causare il crollo totale di una costruzione di quelle dimensioni?
L’ANNUNCIO IN ANTICIPO DELLA BBC
Nella diretta televisiva l’annuncio del crollo del WTC7 è stato dato dalla giornalista alle 16.57, ora di New York. Ma il crollo definitivo sarebbe avvenuto poco più di 20 minuti più tardi, alle 17.20. Intorno alle 17 il cronista dallo studio londinese Philip Hayton si rivolge ai telespettatori dicendo: «Ci avete sentito parlare pochi minuti fa del crollo del Salomon Building, e in effetti è crollato. A quanto pare si trova a poche centinaia di metri da dove sorgevano le torri». Però, sullo sfondo della postazione della cronista l’edificio di 47 piani, risulta ancora intatto. Ecco il video.
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CROLLO DA DEMOLIZIONE CONTROLLATA?
Il WTC7 si trovava a due isolati dalle Twin Towers. Fu colpito e danneggiato dai detriti della torre nord. Pompieri e polizia fecero sgombrare e comunicarono a molti giornalisti che “presto sarebbe crollato”. Alle 17.20 del pomeriggio l’attico della parte est dell’edificio crolla. Visibilmente con qualche secondo di anticipo rispetto al crollo dell’attico ovest, mentre, in simultanea l’intero edificio comincia a scendere in caduta libera.
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In un altro video in molti vedono dei piccoli bagliori prima del crollo che proverebbero la presenza di esplosivi piazzate sui pilastri del WTC7.
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SOLTANTO UN INCENDIO?
Come scrisse il Fatto Quotidiano nel 2013 il “9/11 Commission Report”, la commissione ufficiale che avrebbe dovuto dare risposta alla miriade di interrogativi rimasta aperta su quello strano attentato, non fa cenno alcuno, nelle sue oltre 500 pagine, al crollo del WTC-7. Come non fosse esistito. Strano nevvero? Invece a noi pare che quel crollo, più e meglio di tante altre questioni, contiene molte chiavi per ri-aprire la storia del 9/11.
Anche il National Institute to Standards and Technologies (NIST), cui fu affidata l’indagine tecnica sui crolli, si occupò solo delle Twin Towers. Strano nevvero? Ci vollero più di sette anni per sapere cosa il NIST pensava del crollo del WTC-7. E si dovette aspettare il novembre 2008 per leggere il “Final NIST Report on the Collapse of World Trade Center Building 7”.
Poi il collasso, che avviene simultaneamente su tutta la lunghezza dell’edificio (circa 100 metri, da est a ovest). I piani – di nuovo osservare bene i filmati – rimangono perfettamente paralleli mentre l’edificio sprofonda in una nuvola di polvere identica a quelle delle Twin Towers. Dunque non si registrano cedimenti settoriali. L’edificio entra in caduta libera tutto intero, senza perdere la sua forma.
Attenzione però a un salto logico del NIST. Il quale, come s’è detto, conclude che fu il fuoco a far crollare l’edificio e che i detriti che lo colpirono non furono “determinanti”. Ma poi, altrove, viene detto che i cedimenti strutturali che produssero la “progressiva” caduta furono provocati “anche” dalle distruzioni prodotte dai detriti. La ricostruzione al computer del collasso, prodotta dal NIST, naviga in questa ambiguità, ma non corrisponde in alcun modo agli eventi osservati.
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Simulazioni, modellini e una miriade di pagine scritte che però non riuscirono a convincere del tutto l’opinione pubblica. Resta dunque solo il fuoco a spiegare il tutto. Ma nemmeno il fuoco può contraddire le immagini televisive ed è stato ad abbondantemente dimostrato che nemmeno un incendio di gigantesche proporzioni (che per altro non ci fu) avrebbe potuto trasformare le travi d’acciaio che sostenevano l’edificio in salcicce pieghevoli. Tutte le analisi scientificamente decenti hanno accertato l’evidente implausibilità dell’ipotesi che un edificio in acciaio entri in caduta libera. Non avviene, non è mai avvenuto, non può avvenire. A meno che non vi siano stati esplosivi per scardinare i supporti e le connessioni tra le travature.
Siamo dunque di fronte a due affermazioni smentite dai fatti (il crollo “progressivo” al posto della “caduta libera”) e il fuoco come causa del crollo. Come precisa il Fatto Quotidiano, lo stesso capo investigatore del NIST, Shyam Sunder, in contraddittorio pubblico, nell’agosto 2008, poco prima della pubblicazione del rapporto, si lascia sfuggire ammissioni talmente gravi da richiedere il ritiro del filmato che le conteneva (sostituito da una nuova versione del 17 settembre 2010). Ma anche nella seconda versione il NIST è costretto a confermare che ci fu una “accelerazione gravitazionale” (cioè caduta libera) di 2,25 secondi.
La simulazione al computer non dimostra niente. Per sollevarne le sorti sarebbe forse utile che il NIST accettasse gentilmente di pubblicare i dati dei modelli su cui hanno lavorato i suoi computer. Purtroppo questi dati non sono stati rivelati. E sono passati altri 5 anni.
IL DEBUNKER
Ad onor di cronaca dobbiamo precisare che non mancano i debunker a favore della tesi ufficiale sul crollo del WTC7. In Italia Paolo Attivissimo ha dedicato uno studio intero su questo argomento e potete leggerlo dal seguente link.