JESI – È stata la giovanissima Alfiere della Repubblica, fondatrice di Younicef Marche – il gruppo giovanile dell’Unicef – e pure Ambasciatrice di Jesi per la sua storia personale fortemente legata al territorio jesino di cui è originaria e che porta orgogliosamente in giro per il mondo grazie alle sue attività di solidarietà, studio e impegno civile. Virginia Barchiesi, 21 anni, oggi studentessa al secondo anno di Scienze Politiche a Sciences Po di Parigi, recentemente ha lavorato con UN Women e la Commissione Europea per l’engagement giovanile e la partecipazione delle giovani donne ai processi decisionali.
«Mi sono anche occupata di avvicinare i giovani delle due sponde del Mediterraneo con varie iniziative e progetti, tra cui l’initiative studentesca di Sciences Po, Babel Initiative, che mi ha potato per un periodo in Giordania, come sua presidente». E proprio dalla Giordania dove si trova, discutiamo con Virginia – ponte verso il futuro della società e dei giovani – del significato dell’8 Marzo che oggi tutto il mondo celebra.
«Pensare al significato del giorno della Festa della Donna significa chiedersi a cosa serva una giornata come questa nel mondo di oggi – dice – associazioni, personaggi pubblici e tutti noi, nella nostra vita quotidiana, diamo ognuno un senso diverso a questa celebrazione. Ma, nonostante sia naturale che diverse persone diano significati diversi all’8 Marzo, non possiamo prescindere da una considerazione. L’8 Marzo non è, e non può soltanto essere il giorno in cui ci dimostriamo grati per le donne importanti nella nostra vita. Non è e non può soltanto essere il giorno in cui regaliamo fiori alle nostre figure femminili di riferimento. Questo giorno esiste per ricordarci, ogni anno, che nel nostro mondo contemporaneo, la metà della popolazione mondiale continua a non avere eguali possibilità dell’altra metà del mondo. Continua ad essere pagata di meno a parità di lavoro, continua a fronteggiare stereotipi negativi quanto alla possibilità di conciliare famiglia e carriera, continua ad essere oggettivizzata e a non sentirsi sicura quando cammina la sera da sola. Ma l’8 Marzo – continua – sia anche l’occasione per ricordarci che alcune donne nel mondo, al di fuori dei confini protetti del nostro continente, vengono violentate, uccise, incarcerate, per il desiderio di vestire come vogliono. Vengono avvelenate a scuola, per evitare che studino e diventino libere. L’8 Marzo deve essere un giorno di riflessione, profonda e consapevole, sulla realtà della condizione delle Donne (al plurale, ognuna nella sua unicità) nel nostro mondo».
Dunque, uno sguardo al futuro e un augurio. «Potremo cessare di celebrare questo giorno soltanto quando il fatto di essere donna non sarà più un impedimento alla realizzazione delle proprie aspirazioni – spiega ancora Virginia – nella nostra città, nel nostro paese e nella nostra comunità globale. Per tutte noi, specialmente Giovani Donne, mi auguro un mondo in cui indipendentemente dal nostro sesso possiamo avere la libertà di essere chi desideriamo, di costruirci il nostro futuro, di non avere paura di essere noi stesse. Lo auguro a tutte le mie colleghe all’università, a tutte le mie amiche, ma anche alle mie sorelle afghane, iraniane, alle mie coetanee in tutto il mondo».