ANCONA – «Tutte le cose che ci siamo detti, tutti i consigli, tutte le ˈbisticciateˈ, tutte le ramanzine che mi hai fatto, le risate, gli scherzi, sono tutte cose che porterò sempre nel mio cuore e che mi accompagneranno per tutta la vita…».
L’addio marchigiano a Siniša Mihajlović. Oltre al commissario tecnico della nazionale, lo jesino Roberto Mancini, anche il calciatore ascolano Riccardo Orsolini ricorda ˈMister punizioni perfetteˈ. Orsolini affida le parole ad Instagram, postando alcune foto insieme al suo allenatore, Mihajlović.
Gli scatti mostrano il numero 7 del Bologna mentre stringe la mano a Mihajlović, intento a dare indicazioni ai suoi ragazzi. Un legame indissolubile, quello tra il serbo e la sua squadra. Che quando lui era ricoverato per leucemia è andata sotto le finestre dell’ospedale a dargli forza.
Quella forza che l’ha abbandonato a 53 anni. Mihajlović si è infatti spento venerdì (16 dicembre), alla clinica privata Paideia di Roma, dove era ricoverato da domenica. È proprio lo scorso fine settimana che la situazione sarebbe precipitata: al guerriero Mihajlović si sarebbe alzata la febbre e da qui la decisione del ricovero nella clinica nel cuore della capitale.
Un’infezione divenuta da subito grave a causa del sistema immunitario compromesso dalla malattia stessa – la leucemia mieloide acuta – e dalle pesanti terapie. «Tutte le cose che ci siamo detti, tutti i consigli, tutte le ˈbisticciateˈ, tutte le ramanzine che mi hai fatto, le risate, gli scherzi, sono tutte cose che porterò sempre nel mio cuore e che mi accompagneranno per tutta la vita…». Così inizia il post di Orsolini, che prosegue: «Mi hai cresciuto sia come uomo che come calciatore; hai fatto sì che tutti i sogni che avevo da bambino si realizzassero e per questo te ne sarò per sempre grato… Riposa in pace leone… Non ti dimenticheremo mai».
Commoventi le parole di Mancini: «Da ieri non ho più un fratello – ha dichiarato il ct della nazionale alla Gazzetta dello Sport –. E anche se di questo legame di sangue a volte ormai si abusa, nel parlare di amicizie, non mi sento di esagerare nel definirlo così: per me Sinisa lo era davvero, perché è stata la vita a renderci tali. Prima il calcio, e poi la vita. Questo è un giorno che non avrei mai voluto vivere. Penso solo a quanto sia ingiusto che una malattia così atroce si sia portata via un ragazzo di 53 anni, un uomo buono, una persona perbene».
«È difficile trovare altre parole quando è passato così poco tempo dall’attimo in cui mi sono detto: ˈRoberto, stavolta davvero non potrai più vederloˈ. Ieri non c’era già più: l’ultima volta che mi ha parlato non solo con quegli occhi che sapevano dire più delle parole, occhi che a volte ti costringevano ad abbassare i tuoi, è stato martedì mattina. Me la porterò dentro per sempre quella chiacchierata: cose nostre come ce ne siamo dette tante, in quasi trent’anni».
Le esequie avranno luogo tra due giorni, lunedì 19 dicembre, a Roma.