FABRIANO – Crollo della clientela business, segmento turistico che stenta a decollare per mancanza di iniziative e per timori e paure legati al Covid-19. Ma la voglia di ripartire non manca per i titolari delle principali strutture alberghiere di Fabriano, tutte messe a norma per tutelare la salute dei dipendenti e dei clienti. Ma c’è chi è pronto a richiudere per l’estate, chi senza la proroga della cassa integrazione potrebbe anche chiudere definitivamente. Insomma, un comparto in grande sofferenza a Fabriano.
«Si sta lavorando con la formula residence, mentre per l’attività alberghiera forse riapriremo a settembre», fanno sapere dall’Hotel Gentile, 48 stanze vuote. «In pratica, i dipendenti sono tutti in cassa integrazione e i servizi sono ridotti al minimo. Forse riapriamo a settembre, se ci sarà richiesta, altrimenti potremmo anche continuare a rimanere chiusi. I contributi stanziati sulla carta sono di difficile accesso, ma alla fine con grande applicazione ci si riesce a chiederli. Non sono comunque sufficienti e per questo chiediamo dilazione del pagamento di tasse, tributi e contributi».
Stesso refrain all’Hotel Le Muse, 48 stanze. «Abbiamo riaperto la metà di maggio e stiamo lavorando a scartamento ridotto, c’è un calo importante. Durante la settimana si lavora principalmente con clientela business, ma con lo smart workinG il calo è evidente. Nel fine settimana i turisti sono molto pochi. Stiamo provando a movimentare le tariffe promuovendole nei vari siti di settore, ma le difficoltà sono notevoli. I costi di gestione restano; su 5 dipendenti, siamo tornati al lavoro in 2, gli altri sono in cassa integrazione, nell’ottica di riduzione dei costi».
All’Hotel Janus, 80 camere, il calo è da profondo rosso. «Va malissimo, tanto che stiamo effettuando una prova di riapertura. Al momento, oltre il 95% di calo, due/tre clienti al giorno. Restare aperti, in pratica, vuol dire farsi del male visto che la clientela da aziende è in netto calo e il turismo è ridotto ai minimi termini. Abbiamo chiuso la ristorazione e dei 13 dipendenti complessivi, 7 sono tornati operativi e 6 in cassa integrazione. Stiamo ripensando di richiudere per tutta l’estate, perché i costi di gestione sono elevati. Al Governo chiediamo un vero e proprio sostegno come proroga della cassa integrazione, sconti per le utenze e sgravi fiscali. Per il momento, però, ascoltiamo solo chiacchiere».
C’è chi addirittura ha deciso di scendere di categoria, passando a Hotel a 3 stelle, dalle 4 fino a prima del lockdown. È il caso del Residence La Ceramica, cuore del centro storico di Fabriano. «Abbiamo riaperto il 4 maggio scorso e in queste prime settimane, su 14 stanze, ne abbiamo occupate un paio. Negli ultimi giorni siamo passati a circa il 40% di clienti, ma i conti non possono tornare con questa affluenza, tanto che abbiamo preso la decisione di ridurre al minimo qualche servizio non essenziale, scendendo di categoria, da 4 a 3 stelle, e richiamando in servizio – turnandoli – tutti i nostri 4 dipendenti, facendoli lavorare due settimane per ciascuna coppia. Il problema è il futuro. Il 4 luglio prossimo scadrà la cassa integrazione e se non ci dovesse essere una proroga, potremmo anche prendere la decisione di chiudere definitivamente. Al Governo chiediamo la proroga dell’ammortizzatore sociale almeno fino a ottobre, il tempo necessario per capire se si riattiva una routine con la clientela aziendale».
Calo anche per l’Hotel 2000 che non ha mai chiuso durante il lockdown. «Essendo una società familiare, ci siamo potuti permettere questa decisione. E anche perché la formula residence, 8 mini-appartamenti, è andata bene. Le altre 12 stanze dell’Hotel, invece, spesso sono vuote, con un calo di oltre 50% di media sia per la clientela business che per quella turistica. Su 4 dipendenti, la metà è ancora in cassa integrazione e al Governo chiediamo un taglio serio delle tasse, meno burocrazia e vincoli per poter accedere agli aiuti stanziati».
Infine, il Relais Il Marchese del Grillo. «Ufficialmente non abbiamo mai chiuso, ma chiaramente non abbiamo avuto alcuna richiesta durante la fase acuta della pandemia. La clientela azienda è ovviamente crollata. Ci sono segnali di ripresa da parte di quella turistica. Le nostre 20 stanze negli ultimi fine settimana sono soldout. Il nostro ristorante sta procedendo normalmente ed è in netta ripresa. Non siamo stati fermi, abbiamo proposto tante iniziative relativamente alla consegna a domicilio di cibo e vini e, siccome siamo tutti noi una grande famiglia, abbiamo richiamato al lavoro tutti i nostri dipendenti, circa 10. Siamo ottimisti di natura e abbiamo scommesso su di noi, tutti insieme. Nonostante ciò, al Governo direi di farsi un esame di coscienza per la cassa integrazione: hanno affermato che sarebbe stata liquidata subito e invece non è andata così. E gli direi che capisco i bonus vacanze, ma credo che invece occorrerebbe far portare in detrazione fiscale tutte le spese sostenute per le vacanze. Infine, spero che si passi presto dalle parole ai fatti, snellendo la burocrazia. E soprattutto il piano di rilancio doveva essere scritto prima e non a settembre, se andrà bene, quando cioè la stagione estiva sarà già alle nostre spalle».