ANCONA – «Il Mediterraneo è come una ‘pentola a pressione’, basta una ‘goccia’ di aria fredda per causare un evento estremo come quello accaduto in Spagna. Bisogna affrontare il cambiamento climatico, subito, adesso». Lo dice il professor Giorgio Passerini, docente di Fisica Tecnica Ambientale all’Università Politecnica delle Marche. Nei media di tutto il Mondo si rincorrono le immagini del disastro a Valencia, dove si registrano più di 150 vittime, danni ingenti, dispersi e oltre un centinaio di sfollati. Gli eventi alluvionali sono sempre più frequenti, anche in Italia, dove hanno colpito diverse regioni, oltre alle Marche e all’Emilia Romagna.
«Siamo in ‘guerra’ – dice l’esperto -, dobbiamo fare il possibile per risolvere la questione nell’immediato, bypassando ogni remora. È tempo di agire per mettere in sicurezza il territorio fin da adesso e non si può più ostacolare l’installazione delle rinnovabili sul territorio». «Quello che abbiamo visto accadere in Spagna in questi giorni, dove molte persone sono morte in auto, il fatto che strade sono state costruite in aree dove non si sarebbero dovute realizzare, ma anche una risposta emergenziale tardiva nonostante l’allerta meteo rossa» spiega.
Il docente della Politecnica evidenzia che «l’alluvione che ha interessato la Spagna per piovosità è stata simile a quella avvenuta nelle Marche nel 2022, solo che nel senigalliese il fenomeno è stato più circoscritto rispetto a quanto avvenuto a Valencia. Eppure, nonostante le vittime che ci sono state nelle Marche due anni fa ancora oggi se c’è un’allerta meteo arancione e qualche comune chiude le scuole c’è chi si lamenta senza comprendere che in caso di allerta c’è sempre la possibilità che stia per succedere un evento estremo».
L’esperto fa notare inoltre che dopo un’estate come quella appena trascorsa, con temperature record anche in mare, il rischio di fenomeni estremi è più concreto: «il mare dopo aver accumulato calore rilascia grandi quantità di vapore che può generare piogge torrenziali quando viene in contatto con una massa di aria fredda». L’altra criticità evidenziata è quella dell’urbanizzazione del territorio: «Valencia è una città in cui si è cementificato molto, in questo modo in caso di piogge abbondanti il terreno non assorbe» che ‘scivola’ via per ruscellamento. Cosa fare? Per il professor Passerini è necessario riconsiderare l’assetto del territorio: «Abbiamo una mappatura molto dettagliata sull’uso del suolo con indicate le zone a rischio frana, alluvione, e i vincoli idrogeologici».
Questa mappatura spiega, «deve essere utilizzata per mettere in campo provvedimenti anche ‘draconiani’ che vietino ad esempio di edificare in aree a rischio e che impongano operazioni di manutenzione, incentivando le persone che vivono in zone considerate a rischio a spostarsi in altre aree più sicure, come stanno facendo anche negli Stati Uniti. Il clima è cambiato e questo non lo si può negare – prosegue -, sappiamo che con più CO2 in atmosfera c’è più energia. Il Mediterraneo oltretutto è diventato uno dei luoghi più pericolosi per gli eventi estremi, generati dal vapore che è anche un gas serra: abbiamo quindi una reazione a catena».
Passerini evidenzia che le Marche sono un territorio particolarmente a rischio per orografia, a causa della coesistenza di mare, colline e montagne. Dobbiamo renderci conto che avremo serie possibilità che gli eventi estremi siano sempre più sistematici. Sappiamo – conclude – che nei prossimi anni 8 estati su 10 saranno bollenti, con un’altissima probabilità che saranno molto calde e siccitose e che la temperatura del Mediterraneo sarà più alta della media, con autunni a maggior probabilità di eventi estremi».