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Alopecia, vitiligine & co.: le conseguenze psicologiche delle malattie che impattano sull’aspetto fisico

Vivere con una malattia che modifica l'aspetto fisico significa spesso essere oggetto di scherno e discriminazione, con importanti conseguenze psico-sociali

psoriasi
(Foto di Eszter Miller da Pixabay)

“Come un’opera d’arte in continua trasformazione”, così si definiva una ragazza in un programma televisivo a cui mi è capitato di assistere qualche giorno fa, riferendosi al proprio corpo costretto a convivere cronicamente prima con un’alopecia totale, e poi con la vitiligine. Una definizione di sé che mi ha colpito, frutto di un’elaborazione interiore che possiamo immaginare non facile e immediata, a cui purtroppo non tutti coloro che sono affetti da condizioni simili riescono ad approdare. Alcune patologie, fortemente impattanti sull’aspetto esteriore, richiedono uno sforzo di accettazione difficile da sostenere e possono comportare pesanti conseguenze psicologiche.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Alopecia, vitiligine (di cui ieri si celebrava la Giornata mondiale), ma anche psoriasi, acne: sono alcuni esempi di malattie che incidono pesantemente sull’aspetto e che possono avere ripercussioni psico-sociali anche molto gravi. Avere un aspetto così visibilmente diverso comporta spesso l’essere oggetto di sguardi che si soffermano oltre il dovuto, di curiosità a volte morbosa, di battute di spirito, ma anche di reazioni di paura e disgusto, fino alla discriminazione, all’allontanamento degli altri. La letteratura scientifica su queste condizioni mediche ha accertato la presenza di vergogna, difficoltà relazionali, difficoltà scolastiche e lavorative, ansia, ansia sociale, tristezza, insicurezza, impotenza, isolamento sociale, depressione, ideazione suicidaria.

Sono patologie che colpiscono parti del corpo molto esposte o dal forte aspetto simbolico. La pelle è uno dei nostri veicoli di interazione principali con l’ambiente e con gli altri, ci presenta, ci caratterizza. I capelli sono considerati, soprattutto nella donna, elemento fondamentale di bellezza e attrattività. Mentre la calvizie maschile è molto comune e relativamente accettata, la perdita di capelli nella donna ha un impatto molto più forte sia sulla reazione degli altri che sul vissuto della persona colpita.

L’alopecia comporta una perdita dei capelli diversa dalla calvizie, può esordire a qualunque età e colpire anche ciglia, sopracciglia e peli. Psicologicamente può essere penoso sia per uomini che per donne, ma le donne vivono una difficoltà in più: la società non ammette che una donna possa essere calva.  Il primo pensiero, di fronte a una donna senza capelli, è che sia tale come esito di una necessità, quale sottoporsi ad esempio a  una chemioterapia. Una donna con alopecia facilmente si sente incapace di raggiungere gli standard di bellezza che la società si aspetta e che prevedono  capelli folti e rigogliosi.  Può smettere di andare in spiaggia, in piscina, in palestra,  ritirarsi da attività sociali e ricreative. Cerca spesso di camuffare l’alopecia usando parrucche e  acconciature particolari. Gli uomini con alopecia, peraltro, hanno meno chance di ricorrere a un camuffamento, inoltre il fatto che un uomo indossi un parrucchino diviene molto spesso oggetto di derisione, ci si aspetta che accetti la perdita di capelli in modo “dignitoso” senza nasconderla, sottostimandone il disagio. Non tutti comprendono la grande sofferenza psicologica di chi soffre di questa patologia, l’insicurezza, la non accettazione di sé, l’attesa  e la speranza di una guarigione che potrebbe non avvenire mai, l’essere rifiutati da un potenziale partner per il proprio aspetto. Nella infuocata polemica seguita al noto episodio in cui l’attore Will Smith ha colpito con un pugno il comico Chris Rock per una infelice battuta sull’alopecia della moglie Jada Pinkett Smith, molti hanno obiettato che la reazione fosse fuori luogo in quanto  la stessa “vittima” in realtà non sembra risentire così tanto né della patologia né della battuta in oggetto, essendo notoriamente, lei stessa, autoironica sulla propria condizione. Ma non tutte le persone con alopecia riescono ad elaborarla utilizzando l’umorismo, e a volte l’umorismo è una strategia di facciata per nascondere la propria sofferenza. Anche i familiari passano per un percorso di accettazione simile a quello della persona colpita e possono avere reazioni che rivelano la sottostante sofferenza.

La vitiligine è una malattia che si manifesta con chiazze bianche sulla pelle dovute alla mancata produzione di melanina. Le persone con vitiligine lamentano di essere oggetto di pregiudizio e stigma: molti non conoscono la malattia e temono  che sia contagiosa, o pensano che sia trasmessa sessualmente. Curiosità morbosa, scherno e derisione sono molto frequenti e inducono a sviluppare vergogna e inibizione sociale. L’ansia aumenta ulteriormente nei periodi più caldi per il timore a mostrarsi meno coperti, con abiti senza maniche o gonne e pantaloni corti. L’ansia è presente anche quando le chiazze bianche riguardano parti del corpo non esposte; può comportare timore di essere rifiutati, ritiro dai rapporti sociali e sentimentali, difficoltà nella sessualità.

L’acne, frequente soprattutto nell’età adolescenziale, ha un impatto negativo sull’autostima e sulla formazione dell’identità. In un momento in cui approvazione sociale e desiderabilità sono particolarmente importanti, l’acne  può comportare sensazione di suscitare disgusto negli altri, depressione, inibizione e ansia sociale, pensieri suicidari, compromessa immagine di sé, frustrazione, rabbia;  rende problematiche situazioni come  stare in gruppo con gli amici o farsi fotografare, l’evitamento delle situazioni sociali e l’isolamento accentuano ulteriormente le emozioni negative. Anche l’acne in età adulta provoca pesanti ripercussioni psico-sociali con compromissione della qualità di vita, soprattutto nelle donne.

La psoriasi, malattia infiammatoria che causa placche eritematose e squamose, ha un impatto significativo su tutte le attività quotidiane. Può comportare difficoltà sul lavoro, limitazioni sociali, ansia e depressione, rabbia, disfunzioni sessuali. In alcuni casi la psoriasi si accompagna a dolore cutaneo che interferisce con il sonno, l’umore e la qualità della vita. La psoriasi presenta un’ alta comorbilità psichiatrica, in particolare per la depressione, soprattutto nelle persone più giovani e nelle donne, che tuttavia lamentano una scarsa attenzione a questi aspetti psicologici da parte dei  dermatologi.

Chi ha una differenza visibile rispetto agli altri può vivere la propria condizione in modo molto diverso e soggettivo. Si osserva una miglior qualità della vita nelle persone che, invece di nascondere il problema o di evitare le situazioni sociali, intervengono sulla loro vita impegnandosi nell’accettazione della propria condizione, una strategia più faticosa ma più efficace a lungo termine. Strategie cognitive disfunzionali sono l’evitamento, la dissimulazione, l’ ipervigilanza rispetto al comportamento degli altri, mentre parlare con gli altri della malattia, spiegare la malattia, cercare supporto sociale, esprimere le proprie emozioni e  cercare distrazioni sono strategie che permettono un miglior adattamento.

Ultimamente sempre più personaggi del mondo della moda, dello spettacolo, del cinema, dei social  (per citarne alcuni, la modella Winnie Harlow, l’attrice Kasia Smutniak, l’attrice Jada Pinkett Smith, Aurora Ramazzotti) che convivono con queste patologie, condividono la loro esperienza e si adoperano per sensibilizzare, normalizzare, mostrare che si può anche rendere un punto di forza il proprio aspetto diverso, facendone un tratto distintivo. Questo permette di favorire nelle persone che ne sono affette una maggiore accettazione e al contempo di educare e informare gli altri.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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