ANCONA – «Le dichiarazione dell’assessore Latini sono estremamente gravi, ci indignano: si dovrebbe preoccupare di garantire il diritto alla salute delle donne e la loro libertà di scelta». È bufera dopo l’intervista rilasciata al Tg 3 Marche dall’assessore alle pari opportunità Giorgia Latini sull’aborto farmacologico.
La segretaria generale Cgil Marche Daniela Barbaresi intervenendo sulla questione va all’attacco dell’assessore che, esprimendo la sua «posizione personale», si era detta «contraria all’aborto», aggiungendo che avrebbe potuto mettere all’ordine del giorno della Giunta una riflessione sul tema. Dichiarazioni che hanno suscitato un polverone.
La RU486 detta anche pillola abortiva, è un antiprogestinico di sintesi, utilizzato come farmaco in associazione con una prostaglandina, per indurre l’interruzione della gravidanza farmacologica, entro i primi 49 giorni di amenorrea (assenza di ciclo). Il farmaco, che si assume per via orale, evitando di ricorrere all’intervento, è stato introdotto in Italia nel 2009, dopo una lunga battaglia.
Barbaresi annuncia che se l’assessore volesse replicare quanto accaduto in Umbria, dove la Giunta di centrodestra ha provato a stoppare l’aborto farmacologico, «ci mobiliteremo».
«Non accettiamo passi indietro sui diritti» spiega la segretaria generale Cgil Marche: «Dalla Regione, che ha la competenza sulla sanità, ci aspettiamo anzi che dia piena applicazione alla legge e superi i ritardi ancora esistenti, soprattutto nell’ambito del ricorso all’aborto farmacologico».
«La legge 194 (ndr. sull’aborto) negli anni ha dimostrato di funzionare riducendo il ricorso agli aborti – prosegue -, una scelta sempre molto dolorosa e sofferta per la donna, ma che va comunque rispettata».
Daniela Barbaresi rivendica «azioni concrete per tutelare le donne» e pone l’accento sul fatto che qualunque passo indietro sarebbe una sconfitta pagata sulla pelle delle donne: «Negli ultimi anni sta crescendo notevolmente il numero di aborti spontanei, temiamo che dietro questo fenomeno possa celarsi il ricorso a pratiche fai da te, dannose per la salute della donna».
Ad agosto, «superando un ritardo che denunciavamo da anni e facendo cadere l’ultimo tabù – sottolinea Barbaresi -, il Ministero della Salute ha stabilito chiaramente che l’interruzione di gravidanza con metodo farmacologico è possibile senza ricovero ospedaliero presso strutture ambulatoriali pubbliche, consultori o day hospital, possibilità estesa fino alla nona settimana di gravidanza». Nelle Marche, secondo la segretaria generale Cgil, «sono ancora tanti i ritardi da colmare, visto che solo il 6% delle interruzioni volontarie di gravidanza avvengono con metodo farmacologico: valori ancora troppo lontani dalla media nazionale (21%) e da quelli di regioni come la Toscana (29%), l’Emilia Romagna (37%), la Liguria (38%) o il Piemonte (44%»).
Sulla questione interviene anche Massimo Montesi, il coordinatore regionale di Articolo Uno, il partito che a livello nazionale esprime il Ministro della Salute Roberto Speranza. «Agghiaccianti le dichiarazioni dell’unica assessore donna della Regione Marche – commenta -. Avevamo già assistito a queste politiche in Umbria, ecco perché, purtroppo, erano ampiamente prevedibili simili esternazioni, ma restano comunque agghiaccianti per la leggerezza con le quali vengono pronunciate, incurante di tutto quello che c’è dietro, a partire dal fatto che ricorrere all’aborto, innanzitutto per una donna, significa aver affrontato un lungo percorso di sofferenza».
Secondo il coordinatore regionale di Articolo Uno «la libertà di scelta non può essere messa in discussione sull’altare dei propri convincimenti religiosi, viceversa bisogna garantire la facoltà di poter scegliere, e per noi è importante segnalare all’assessora come i tempi dell’emancipazione e dei diritti siano ormai maturi da svariati anni, relegando la caccia alle streghe e la colpevolizzazione della donna che si trova costretta a scegliere di abortire ad un Medioevo di cui né il nostro Paese e né la nostra Regione sentono alcuna nostalgia».
Infine, aggiunge, la Latini «sbaglia di grosso» se pensa «di poter mettere in discussione anni di battaglie, perché l’unico compito che è chiamata a svolgere è quello di agire nel totale rispetto di una legge e delle indicazioni statali. Che le piaccia o no, il nostro è uno stato laico e non sarà certo lei, oggi, a farci tornare indietro rispetto all’emancipazione ed alla liberazione delle donne. Non lo permetteremo».