ANCONA – No alla pillola abortiva nei consultori. Il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza è tornato a suscitare polemiche nell’Aula dell’Assemblea Legislativa. Nel corso della seduta consiliare che si è svolta ieri, a conclusione delle celebrazioni per la Giornata delle Memoria, è stata discussa e respinta la mozione della consigliera Pd Manuela Bora, siglata anche dai colleghi dem Mangialardi, Biancani, Carancini, Casini, Cesetti, Mastrovincenzo, Vitri e Santarelli (Rinasci Marche), sulla interruzione volontaria di gravidanza.
Una mozione che richiama le linee guida del ministero e che doveva essere discussa nella seduta della settimana precedente, ma che poi è slittata in coda all’Assemblea di ieri. La consigliera del partito democratico ha invocato per le donne marchigiane il diritto effettivo di poter procedere all’interruzione volontaria di gravidanza anche tramite la cosiddetta pillola abortiva, Ru486, nei consultori come previsto dalle linee guida del ministero della Salute.
Nella circolare di aggiornamento delle linee guida sull’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486 (pubblicata il 12 agosto 2020), il ministero della Salute intervenendo sull’impiego della pillola abortiva ne aveva esteso il periodo di utilizzo (fino alla nona settimana), eliminato l’obbligo di ricovero e autorizzato l’impiego in day hospital e nei consultori collegati agli ospedali.
Ed è proprio Manuela Bora nel suo intervento in Aula ha raccontato all’Assemblea di aver ricevuto poco più di una settimana fa, un carico di 1.450 pannolini, lasciati a Palazzo Leopardi, nel corso di una iniziativa simbolica di protesta dal presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Loreto, Roberto Festa. Accompagnato dal figlioletto di 8 anni, da una amichetta e dal papà della bambina, il dottor Festa aveva recapitato alla Bora un pannolino per ogni bambino non nato nel 2019 nelle Marche, con l’obiettivo di sensibilizzare alla vita. Pannolini che la consigliera Bora, come ha ricordato in Aula, ha donato alla Caritas di Jesi.
La consigliera era stata protagonista in una precedente seduta del Consiglio regionale di uno scontro con l’assessore alle Pari Opportunità Giorgia Latini proprio in difesa della libertà delle donne marchigiane di poter ricorrere all’aborto, nonostante l’elevato numero di medici obiettori presenti nelle Marche e il fatto che la Ru486 venga somministrata ancora solo in 3 strutture: Senigallia, San Benedetto del Tronto e Urbino.
Stigmatizzando il gesto, che ha coinvolto due bambini minorenni, Bora ha posto l’accento sul contenuto del biglietto che accompagnava il pacco di pannolini: «Chi sostiene che l’aborto volontario sia un diritto, ha le mani grondanti di sangue innocente, forse anche più di chi pratica direttamente questo delitto inumano». Parole che hanno suscitato la reazione sconcertata della consigliera dem che si è interrogata sull’opportunità che siano persone «come il dottor Festa» ad accogliere le donne che vogliono abortire e che, in un momento di «grande dolore», avrebbero bisogno di sostegno. A darle man forte il consigliere del Pd Romano Carancini che ha ribadito il «diritto alla libertà delle donne sancito con la legge sull’aborto».
Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, ha bollato la questione come una «battaglia di retroguardia», che aveva senso negli anni ’60 quando questi diritti dovevano ancora essere acquisiti, mentre oggi la battaglia da combattere secondo l’ex deputato è quella della natalità. La capogruppo di Forza Italia, Jessica Marcozzi ha ribadito il no della maggioranza alla pillola abortiva nei consultori, spiegando che le donne vanno aiutate a scegliere la vita, sostenendole quando la scelta dell’aborto è sostanzialmente un ripiego legato a problemi economici o altre problematiche, un pensiero in linea con l’orientamento della Giunta.
L’assessore alle Pari Opportunità Giorgia Latini ha affermato che l’interruzione di gravidanza è una questione «che va affrontata con tutta la delicatezza necessaria. Invece si strumentalizzano ancora i messaggi positivi rivolti al sostegno alla vita e alla tutela della salute della donna nel rispetto della legge. Pensiamo a fare citazioni di spessore e che trasmettono degli insegnamenti piuttosto che a difendere quelle che incitano la violenza». L’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini ha spiegato dal canto suo che le linee guida varate dal ministero della Salute, «non ci vincolano», e si è detto aperto alla possibilità di un contributo delle associazioni pro-vita.