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Afghanistan, possibile arrivo di nuovi profughi nelle Marche. Associazioni allertate. Caritas: «Pronti ad accogliere»

Potrebbe arrivare a breve in regione nuovo contingente di cittadini afghani collaboratori del nostro Paese. Caritas in allerta per l'accoglienza

Il rimpatrio da Kabul (Afghanistan) dei connazionali e dei collaboratori. Foto: Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI)
Il rimpatrio da Kabul (Afghanistan) dei connazionali e dei collaboratori. Foto: Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI)

ANCONA – «Siamo pronti ad accogliere i profughi afghani, se ce ne sarà bisogno». Lo fa sapere Marco D’Aurizio, delegato regionale della Caritas Italiana. Martedì scorso nelle Marche sono arrivati 20 profughi afghani, accolti per il periodo di quarantena di una settimana al Covid Hotel di Gabicce Mare, in seguito alla crisi umanitaria che si è accesa in Afghanistan, finita sotto l’egida dei Talebani.

Nella giornata di domenica saranno sottoposti nuovamente a tampone (il primo era risultato negativo) per verificare l’eventuale positività al virus e se risulteranno negativi verranno con tutta probabilità ricollocati al di fuori della struttura nel sistema di accoglienza dei Cas.

Stefano Aguzzi
Stefano Aguzzi, assessore regionale alla Protezione civile

Nel nostro Paese in questo momento il sistema di accoglienza dei cittadini afghani che arrivano si snoda tramite il Ministero dell’Interno, gestito dalle Prefetture, il Ministero della Difesa, che con la Protezione civile si occupa della quarantena di questi profughi. «Gli afghani giunti nelle Marche ad oggi verranno ricollocati dal Ministero della Difesa – spiega l’assessore regionale alla Protezione civile Stefano Aguzzi -, ma non sappiamo dove, è probabile che possano essere collocati anche fuori dalla nostra regione». 

«Se ci diranno che non hanno ancora trovato una nuova collocazione – prosegue –  rimangono lì, il posto c’è» assicura l’assessore. Atteso in regione l’arrivo di un nuovo contingente di cittadini afghani che hanno collaborato con il nostro Paese.

Intanto il sistema della Caritas è in pre-allerta a livello nazionale, insieme alle associazioni che si occupano di accoglienza. «Dalle informazioni che abbiamo – spiega Marco D’Aurizio – i cittadini afghani che arrivano, una volta terminata la quarantena, al momento trovano posto nei Cas (centri di accoglienza straordinari, ndr) o nei Sai (sistema di accoglienza e integrazione, ndr), la rete istituzionale per ora riesce a sopperire alle persone che arrivano con il sistema di evacuazione attivato dal nostro Paese».

Il delegato regionale di Caritas afferma «siamo stati allertati, insieme alle associazioni e cooperative che gestiscono Cas e Sai, che ci potrebbe essere un aumento dei posti necessari per l’accoglienza, ma ad oggi non ci sono comunicazioni di richieste di posti aggiuntivi oltre a quelli esistenti».

Marco D’Aurizio, delegato regionale Caritas Italiana

Inoltre D’Aurizio fa notare che in seguito agli attentati a Kabul «non si sa se continueranno le evacuazioni». L’ultimo volo organizzato dal nostro Paese dovrebbe partire nel pomeriggio di oggi dall’Afghanistan e «se così sarà non si parlerà più solo di evacuazioni, ma di richieste di asilo, ma se arriveranno i cittadini afghani dovranno attraversare i Paesi vicini, come Turchia, Iran, Pakistan: quando e se arriveranno si attiveranno le procedure di accoglienza nel rispetto delle norme di politica migratoria internazionale, ma dipenderà molto dalle decisioni che verranno assunte da quei paesi».

Una situazione molto complessa. «Nell’emotività – prosegue il delegato Caritas – verrebbe da dire andiamo e prendiamo tutta la gente, ma la triste realtà dei fatti è che purtroppo più di tanto non si può fare».

Cosa si può fare concretamente? «Si potrebbe intervenire sui campi profughi posti lungo la rotta Balcanica, oltre ad evitare che vengano rimpatriati gli afghani richiedenti asilo, ai quali è stata negata la protezione, presenti sul territorio europeo. L’altro punto sul quale si dovrebbe lavorare è quello di evitare i respingimenti alle frontiere specie sulla rotta Balcanica, si tratta di soluzioni maggiormente praticabili. Altro non si può fare, è triste da dire, ma al momento non si può fare altro».