ANCONA – «Siamo preoccupati, perché le Marche sono ritornate al quadro precedente la pandemia di Covid-19, quando la regione cresceva la metà rispetto alla media nazionale». A dirlo è il segretario generale Cgil Marche Giuseppe Santarelli alla luce dei dati emersi dall’Aggiornamento congiunturale sull’economia delle Marche di Banca d’Italia.
Nel report di BankItalia si legge che «l’indebolimento della fase ciclica registrato negli ultimi mesi del 2022 è proseguito nella prima parte dell’anno in corso. In base all’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia, nella media del primo semestre del 2023 il prodotto regionale sarebbe cresciuto dell’1,0 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022, meno che in Italia (1,2 per cento)».
Sempre secondo il report «l’industria si è affievolita», gli investimenti «hanno risentito negativamente del persistente clima di incertezza e dell’innalzamento del costo del debito. Le esportazioni, al netto del comparto farmaceutico, hanno ristagnato. Il settore delle costruzioni ha rallentato; ha perso slancio l’attività legata alla riqualificazione del patrimonio abitativo, a fronte della tenuta dei lavori in opere pubbliche e della prosecuzione della ricostruzione post-sisma. Il terziario ha risentito dell’indebolimento della spesa delle famiglie».
Santarelli evidenzia che «in base alle stime di autorevoli istituti di ricerca nazionali nel 2024 le Marche se non investiranno avranno una crescita pari a zero, questo dovrebbe mettere in allarme». Per quanto riguarda le risorse provenienti dai fondi di coesione il segretario generale di Cgil frena gli entusiasmi, spiegando che «alle Marche arrivano più risorse perché hanno un ritardo su alcuni indicatori e quindi devono recuperare alcuni gap». L’altro capitolo sul quale il sindacalista attacca è quello del calo occupazionale rilevato da BankItalia.
«È necessario che si apra una discussione con gli attori sociali ed economici – dice – che guardi in faccia alla realtà, per capire come muoversi ed evitare che il 2024 si trasformi in un anno veramente difficile». Il timore espresso dal massimo vertice della Cgil Marche è che nel 2024 ci sia «una caduta dell’occupazione con una crescita del ricorso agli ammortizzatori sociali che uniti alle difficoltà economiche delle famiglie e dei lavoratori possono rischiare di diventare un detonatore dal punto di vista sociale».
Secondo Giuseppe Santarelli la competitività delle Marche passa attraverso tre fattori: le infrastrutture materiali con l’alta velocità ferroviaria un tema che definisce cruciale perché «non poterla avere nelle Marche nella migliore delle ipotesi per i prossimi 10 anni significa essere tagliati fuori», poi mette sul piatto della bilancia le infrastrutture immateriali (reti informatiche, fibra) da sviluppare anche nelle aree interne della regione, e, infine, il tema della ricerca.
Su quest’ultimo punto il segretario regionale della Cgil spiega che nelle Marche «servono centri di ricerca forte, un sistema che deve essere portato avanti dal pubblico, dalle università, perché il sistema imprenditoriale della regione è costituito soprattutto da piccole e medie imprese che da sole non riescono a fare ricerca e ad innovare. La competitività – prosegue – fino ad oggi è stata fatta solo tagliando sul costo del lavoro e attraverso il precariato, ma è tempo di cambiare sistema altrimenti l’economia delle Marche scivolerà ancora di più verso il basso. Un percorso che non si arresta dal 2010, ma anche la giunta regionale attuale ad oggi non è riuscita ad arrestare. Noi siamo pronti a fare la nostra parte – conclude – e a discutere».