ANCONA – Si è spento ieri ad Ancona a quasi 92 anni Alberto Astolfi, segretario della Cgil Ancona e primo segretario della Cgil Marche. Una delle figure più autorevoli e rappresentative della sindacato marchigiano e della provincia di Ancona.
Astolfi, nato nel 1929 in uno dei quartieri più popolari e “rossi” di Ancona, quello della Palombella che fu provenienza e matrice di tanti quadri sindacali e politici della sinistra, dall’antifascismo agli anni ‘60, aveva iniziato la sua esperienza lavorativa come apprendista e ben presto, come diciassettenne edile, conosce la Cgil e decide di farne parte come iscritto e militante attivo, in parallelo, avvierà anche la sua militanza nel Pci.
Un rapporto di lunghissima durata, quello con il sindacato., del quale aveva sposato le dure e appassionanti lotte per tutelare e allargare qui pochi diritti economici e normativi di cui allora godevano i lavoratori, anche nell’Anconetano.
Nel 1950, all’età di 21 anni inizia la sua attività a tempo pieno nel Sindacato Ferrovieri, un periodo che Astolfi considererà sempre come fondamentale per la sua formazione: sia per l’intensità dell’esperienza che per la vicinanza a compagni di grande levatura morale, prima ancora che politica.
Sei anni dopo, quasi come un ritorno alle origini, passa a dirigere il sindacato degli edili (la Fille). E’ un periodo di duro impegno, in un mondo dove ai lavoratori venivano riconosciuti ancor meno diritti e ben poca dignità. È in questo quadro che si ricorda una vertenza ad Agugliano nella quale, in occasione di uno sciopero, viene minacciato, assieme ad Angelo Tiraboschi, pure più giovane di lui, con una pistola. La vicenda fa scalpore e si chiude con pubbliche scuse della proprietà e un indennizzo economico, che i due girano al sindacato per sostenerne l’attività.
Nel 1962, un nuovo passaggio, verso la Fiom (metalmeccanici): è qui che si realizza un forte lavoro fatto di vertenze e di radicamento al Cantiere Navale di Ancona, la più importante realtà operaia cittadina. Un’esperienza difficile ma formativa, che consente alla Fiom di crescere in autorevolezza e consensi, in un quadro in cui cominciano a modificarsi le relazioni con le altre sigle sindacali confederali, in direzione di una maggiore unità d’azione.
In un processo di rinnovamento e sviluppo dei nuovi processi sindacali, che culmineranno poi con il passaggio dalle Commissioni Interne ai Consigli di Fabbrica, nel 1965 Astolfi passa definitivamente alla Confederazione (era entrato nella Segreria della CdL nel ‘63), venendo eletto a segretario generale della Camera del Lavoro di Ancona.
«Come fece notare Emilio Ferretti – scrive la Cgil Marche in una nota stampa in cui ricorda Astolfi – storico dirigente del Pci e figura mitica della Resistenza (“Ferro”) – “con Astolfi si afferma una linea più autonoma del sindacato: che non rompe con il partito, ma non funge più da appendice”. E’ la necessaria premessa, faticosa ma produttiva, della grande stagione sindacale di fine anni ‘60. Coerentemente con tale impostazione, Alberto interrompe anche l’antico intreccio fra militanza sindacale e impegno istituzionale per il Pci, interrompendo l’esperienza di consigliere comunale del capoluogo».
Sono anni di grande evoluzione della Cgil e del sindacato tutto; moltissimi i cambiamenti epocali, a volti trainati da analoghi mutamenti istituzionali. E’ il caso della nascita delle Regioni, nel 1970, che porta la Cgil ad assumere connotati più consoni alle nuove necessità di confronto. «Astolfi, in questo quadro, impersona la novità, divenendo – nel 1972 – il primo Segretario Generale della Cgil Marche (in precedenza non si era mai andati oltre organismi di coordinamento, spesso più a valenza organizzativa che politica)», si legge nella nota della Cgil.
«Per Alberto è l’inizio di un nuovo protagonismo – tutto da costruire anche in termini di capacità di proposta – e per una chiamata dell’intero sindacato ad un innalzamento della capacità vertenziale, molto spesso unitaria con CISL e UIL, adeguata all’evoluzione degli interlocutori istituzionali. Saranno purtroppo anche gli anni dell’acuirsi del fenomeno del terrorismo e della “strategia della tensione”, con una Cgil costantemente impegnata sul fronte della difesa della democrazia costituzionale e della netta demarcazione fra lotte sociali e politiche, anche feroci, e uso della violenza.
Come tanti altri militanti, Alberto vivrà tutta intera quella triste stagione – quanto mai dura e impegnativa anche nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro – fino e oltre l’omicidio Moro».
Nel 1980 , dopo 30 anni di impegno, Astolfi lascia la Cgil e verrà poi eletto al Consiglio regionale delle Marche.
Una relazione così intensa non si esaurisce comunque: nel 1990 infatti – al termine dell’esperienza istituzionale – Alberto si impegna per la costituzione sul territorio dell’Auser, l’organizzazione di volontariato e promozione sociale nata per volontà del Sindacato Pensionati della CGIL, divenendone presidente regionale fino al ‘96, quando assume la direzione regionale del Centro Servizi per il Volontariato.
«Una lunga vita – ricorda Cgil -, in gran parte spesa a sevizio delle proprie idee e della propria coerenza; un uomo mite e deciso ad un tempo – allegro e amante della vita – che è stato una guida e un esempio per tante compagne e compagni della Cgil, in un tempo lunghissimo. Così vogliamo ricordarlo anche oggi: dinamico, pronto alla battuta, ma con la chiara idea di quali obiettivi cogliere, in nome della libertà nata dall’antifascismo, della Cgil e della dignità dei lavoratori. Ciao Ricciolì».
Al ricordo si unisce anche il capogruppo regionale del Partito Democratico Maurizio Mangialardi: «Con la scomparsa di Astolfi se ne va un protagonista della sinistra e del sindacato, ma soprattutto un uomo, un marchigiano, che ha attraversato la seconda metà del Novecento dedicando la vita alla difesa e all’estensione dei diritti dei lavoratori, affinché i principi della Costituzione nata dalla Resistenza trovassero piena applicazione non solo nella società, ma soprattutto là, oltre i cancelli delle fabbriche e ovunque nei luoghi di lavoro».
Mangialardi lo ricorda come «preparato, rigoroso, consapevole della funzione storica del sindacato come motore di crescita morale, civile ed economica, Astolfi seppe innovare la Cgil rafforzandone il profilo autonomo, interpretando, e spesso anticipando, i cambiamenti sociali, rendendola sempre un soggetto vivo, autorevole e riconosciuto tra i lavoratori e dalle contrparti. Un bagaglio che successivamente ha portato con sé anche in consiglio regionale, continuando attraverso l’impegno istituzionale la sua battaglia per fare delle Marche una regione saldamente ancorata ai valori del progresso, della giustizia e della libertà».