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Caccia alla volpe, Tar respinge richiesta sospensiva degli animalisti. Lanciata raccolta di firme

Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche ha respinto la richiesta di sospensiva delle associazioni animaliste che chiedevano lo stop alla caccia di volpi e corvidi. Animalisti e ambientalisti tornano alla carica con una raccolta firme

il cacciatore a Senigallia che ha colpito coi colpi di fucile un'abitazione in campagna

ANCONA –  La Camera di Consiglio del Tar ha respinto la richiesta di sospensiva della delibera di Giunta presentata dalle associazioni animaliste e ambientaliste delle Marche per la caccia a volpi e corvidi. «Restiamo in attesa dell’Udienza di Merito per conoscere l’esito di questo ricorso – dichiara il delegato Lac Danilo Baldini – . Nel frattempo, dando fede ai buoni propositi espressi dal nuovo assessore alla Caccia, Mirco Carloni e dalla Giunta Acquaroli, chiediamo loro un gesto di civiltà e di umanità e di revocare quindi questo “Piano di controllo Volpi e Corvidi” per la sua infondatezza, inutilità, nocività, ma soprattutto per la sua estrema crudeltà».

«La nuova Giunta Regionale ha dichiarato di voler dare un segnale di discontinuità in materia di caccia rispetto alla precedente Giunta – prosegue – , ma varando questo Piano di abbattimento di volpi e corvidi è partita con il piede sbagliato, tanto che le nostre associazioni sono state costrette a ricorrere al Tar».

Gli animalisti non demordono e hanno lanciato una raccolta firme per chiedere al presidente della Regione Marche Acquaroli e alla giunta regionale di ritirare la delibera con cui ha varato il Piano di controllo regionale di volpi e corvidi. Un raccolta di firme, presentata da Lac Marche e Lac Ascoli Piceno hanno lanciato una petizione, a cui hanno poi aderito Enpa, Lav, Lipu Marche e Lupus in Fabula e che «è stata firmata da oltre 7.000 persone, in pochissimi giorni».

«Si tratta di una sorta di caccia selvaggia, crudele, medioevale – spiega – , che avverrà anche di notte e ucciderà i cuccioli e le loro madri, scovati dai cani direttamente nelle loro tane» dopo «il fallimento dell’applicazione di metodi incruenti obbligatori e prioritari, e soprattutto di competenza del personale pubblico e non per mano di cacciatori che, con poche ore di corso, diventano abilitati a questa attività). Eppure la volpe svolge un ruolo biologico estremamente importante, nutrendosi di ratti, topi e altri piccoli animali, ma è costantemente perseguitata nel nostro Paese con il pretesto di arrecare presunti danni agli animali da cortile».

Secondo Baldini «la colpa delle volpi è solo quella di essere un “competitor” dei cacciatori. Infatti, visto che esse si nutrono della fauna pronto-caccia, acquistata e immessa in natura dai cacciatori pochi giorni prima della stagione venatoria». Il delegato spiega che tra i metodi di uccisione ci sono anche «tecniche normalmente vietate, come la caccia notturna, le gabbie trappola, ma soprattutto, il più feroce di tutti: la caccia in tana» che si attua «con cani appositamente addestrati che si introducono nella tana dove la volpe accudisce i piccoli. Ne deriva uno scontro ferocissimo tra i cani, addestrati per fare scappare le volpi verso le uscite dove li attendono i fucili dei cacciatori, e la volpe che, combatterà fino alla morte nel disperato tentativo di difendere sé e i suoi piccoli».

Baldini spiega che i cuccioli che dovessero riuscire a sfuggire a questa caccia resteranno orfani e «destinati ad una lenta morte per inedia». Insomma una «carneficina» che «non è possibile» e che uccide «animali che sono patrimonio di tutti noi, I cittadini sono a stragrande maggioranza contrari alla caccia e una politica che non ne tiene conto di questo è irresponsabile. Le Marche sono una delle Regioni dove le concessioni al mondo della caccia, in barba alle leggi e alle direttive europee, sono molto numerose. Questo ha causato nel tempo l’apertura di procedure d’infrazione per abusi sull’attività venatoria. Al punto che persino il Ministero dell’Ambiente è dovuto intervenire per fermare la caccia ad alcune specie».

Il delegato Lac Marche rimarca che lo scorso anno il Consiglio dei Ministri e del Ministero hanno impugnato tre delibere della Giunta regionale che avevano permesso «la caccia in deroga allo storno, alla tortora dal collare ed al piccione» appurando «l’assoluta mancanza di dati e di censimenti faunistici e quindi di giustificazioni reali per riaprire la caccia a queste specie, come peraltro era stato chiaramente segnalato anche dall’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale».

Per questo le associazioni ambientaliste ed animaliste, hanno presentato una denuncia alla Corte dei Conti per danno erariale, basandosi su un precedente del 2018 quando «il presidente della Provincia autonoma di Trento e Bolzano ed il direttore dell’Ufficio caccia, vennero condannati dai giudici d’Appello della Corte dei Conti al pagamento di 568mila euro ciascuno per aver emanato decine di decreti che consentivano ai cacciatori altoatesini l’uccisione di migliaia di animali selvatici protetti dalle normative europee».