Attualità

Cambiamento climatico, raccolta di olive ridotta. Il professor Neri: «Nelle Marche situazione a macchia di leopardo»

L'olio è uno dei prodotti fondamentali della tradizione gastronomica marchigiana, risente però del cambiamento climatico. Ecco la situazione

Il cambiamento climatico taglia i raccolti in agricoltura e tra i settori più colpiti dalla situazione meteorologica anomala c’è l’olivicoltura. «Nelle Marche la situazione è a macchia di leopardo – dice il professor Davide Neri, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche – in alcune zone si stima che la raccolta delle olive sarà più che dimezzata».

L‘olio è uno dei prodotti fondamentali della tradizione gastronomica marchigiana, un prodotto sul quale negli ultimi tempi si sono concentrate anche le strategie di valorizzazione e rilancio del territorio, con la promozione dell’oleoturismo.

Malgrado l’olivo sia una pianta estremamente resistente «ha sofferto molto negli ultimi anni» e già nel 2022 le criticità erano emerse in tutta la loro portata con una raccolta ridotta rispetto agli anni precedenti «una situazione complessa che investe tutto il bacino del Mediterraneo» tanto che in Spagna la raccolta delle olive si era addirittura dimezzata.

Il professor Neri spiega che la pianta di olivo in inverno «ha bisogno di temperature attorno ai 5 – 8 gradi, che in genere si verificano tra dicembre e gennaio», ma quando i valori scendono di più e si verificano gelate, le foglie subiscono un danno. L‘olivo è un albero caratteristico del Mediterraneo che non potrebbe vivere in climi come quello tropicale (troppo caldo e umido) o quello continentale (troppo freddo in inverno), perché ha bisogno di un clima con inverno mite ed estate calda con piogge limitate.

Con gli ultimi autunni troppo caldi rispetto al consueto, l’olivo si è ritrovato impreparato all’arrivo dell’inverno perché non preceduto da un autunno fresco. Anche l’inverno scorso ha presentato delle anomalie, essendo stato più caldo del consueto e meno piovoso, in primavera invece l’anomalia ha riguardato le gelate tardive che si sono verificate ai primi di aprile, quando la pianta era già con le “mignole” formate. Alcune grandinate e piogge ripetute in fioritura alternate a temperature elevate hanno ulteriormente danneggiato le infiorescenze e l’impollinazione dell’olivo.

Con l’arrivo dell’estate, la bolla di calore caratterizzata da temperature record, ha causato «ulteriore stress per la pianta»: sopra i 30 gradi di temperatura il tasso di fotosintesi rallenta fino a 0, mentre la respirazione tende ancora ad aumentare e la pianta va in autoconsumo, «consuma le sue riserve, rallenta l’attività metabolica e si crea un danno alle olive che iniziano a cadere».

È possibile contrastare il cambiamento climatico? «Una strategia di lungo periodo è quella di scegliere varietà adatte alla zona, recuperando quelle locali, rustiche, capaci di resistere maggiormente a questi stress, a cui si può affiancare una varietà rustica come il leccino. Accanto a questo è importante anche una gestione dell’albero che permetta alla pianta di essere più resiliente ai cambiamenti climatici, con una potatura tardiva tra fine marzo e inizio aprile, concimazioni ridotte, inerbimento. Sono strategie di controllo della nutrizione – dice – che consentono di avere una pianta più robusta».

Utili anche «trattamenti fogliari per indurire la chioma in autunno e l’utilizzo del caolino in estate, una sostanza che imbianca le foglie e riduce lo stress da insolazione». «Un range di attività di controllo – conclude – da fare preventivamente, assieme all’irrigazione di soccorso nei periodi più siccitosi estivi soprattutto sulle piante giovani».

© riproduzione riservata