ANCONA – Il mese di settembre è stato certificato dall’agenzia statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration come il più caldo da 174 anni a questa parte e anche nel mese di ottobre le temperature sono state record, tanto che nelle Marche una settimana fa si sono superati i 35 gradi a Sassocorvaro e anche nel weekend appena trascorso non sono stati pochi quelli che hanno affollato le spiagge e si sono concessi un bagno al mare. Una situazione piuttosto anomala se si considera che già da tre settimane siamo in autunno, una stagione finora solo sulla carta.
Non mancano nel Paese i comuni che hanno rimandato l’accensione dei termosifoni prevista per il 15 ottobre, viste le temperature decisamente sopra le medie stagionali, nelle Marche anche di 10 gradi. Se da un lato il caldo è piacevole e il fatto di non dover tenere accesi i termosifoni non guasta al portafogli, dall’altro lato c’è poco da stare allegri perché il quadro attuale è la manifestazione del cambiamento climatico, di cui per ora stiamo vedendo una sola faccia, quella del troppo caldo.
«In Italia e nel Mediterraneo stiamo osservando anomalie termiche molto importanti – spiega il professor Pierpaolo Falco, ricercatore e professore associato in oceanografia e fisica dell’atmosfera presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche -; il timore è che tutto questo calore acquisito nel Mediterraneo si trasformi poi in energia che può dare origine a fenomeni temporaleschi e a perturbazioni molto intense e anche ai Medicane, i cicloni del Mediterraneo che si formano in mare, per lo più tra le coste africane e lo Ionio, e che più energia trovano in mare più sono intensi».
Il professor Falco ricorda che a settembre «un potente ciclone ha sfiorato le coste calabre», ma poi ha manifestato tutti i suoi devastanti effetti sulle coste della Grecia e in Libia dove si sono verificate intense alluvioni. «I segnali premonitori di questi tremendi sistemi di bassa pressione possono essere colti dagli esperti – spiega – ma i sistemi previsionali non riescono ancora a predire le aree, spesso molto ristrette, in cui questi fenomeni colpiranno con la maggiore intensità».
Non solo caldo, ma anche scarse precipitazioni. «Sono le due facce del cambiamento climatico – spiega -, tanto caldo e poco caldo, grande siccità e grandi alluvioni. Un periodo così prolungato di assenza di acqua certamente crea problemi ad alcune coltivazioni, ma nei prossimi giorni nelle Marche ci sarà un cambiamento abbastanza importante che ha cominciato a manifestarsi ieri (domenica 15 ottobre) con calo termico e peggioramento più significativo in arrivo per metà della settimana prossima».
È previsto l’ingresso di aria più fredda che dovrebbe porre fine all’estate prolungata, anche se poi era iniziata più tardi del solito visto che il caldo era arrivato a giugno inoltrato. «È in arrivo un abbassamento delle temperature anche per l’ingresso di aria fredda da Nord Est, ma non ci sono allerte per ora – spiega – e c’è il timore che nei prossimi due-tre mesi potranno verificarsi perturbazioni anche intense e che inoltre potranno verificarsi in un periodo poco canonico come i mesi di gennaio e febbraio come già successo ad inizio 2023».
Il ricercatore spiega che «il prolungarsi dell’estate fa pensare che anche il periodo in cui potranno verificarsi i cicloni tipo medicane, potrà essere più lungo, visto il grande calore accumulato dal mare. I sistemi di protezione civile dovranno attrezzarsi per attenzionare quello che potrà succedere avvalendosi anche del sistema osservativo meteo-marino». Secondo Falco «bisogna pensare e ragionare oltre i confini regionali perché l’atmosfera e il mare non hanno confini; sarebbe importante collaborare su scala più vasta perché, nel caso in cui i cicloni tipo i medicane, dovessero risultare più frequenti, bisognerebbe pensare a un centro dedicato all’osservazione di questi fenomeni e che possa aumentare il livello di accuratezza della previsione per poi attivare in modo adeguato il sistema di allerta».