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Comunicazione digitale, Pascucci (Univpm): «Bisogna regolamentare, educare e sensibilizzare su conseguenze uso scorretto»  

Dai primi siti sul web alla nascita dei social network l'evoluzione è stata veloce e ha portato alla nascita di nuove modalità comunicative. Ne parliamo con la professoressa Federica Pascucci, Università Politecnica delle Marche

Pixabay, Marius

ANCONA – Dalla nascita di Internet il modo di comunicare ha subìto una netta rivoluzione. Dai primi siti sul web alla nascita dei social network l’evoluzione è stata veloce ed ha portato ad un incremento esponenziale delle interazioni e alla nascita di nuove modalità comunicative, in cui immagini e video sono protagonisti. Non solo le persone, ma anche le imprese, per stare al passo con i tempi, si sono dovute adeguare a questi nuovi modelli, in cui la creazione di un contenuto efficacie è cruciale per il business.

Oggi l’Intelligenza Artificiale sta facendo compiere un nuovo salto, ma la comunicazione digitale, oltre alle enormi potenzialità, ha mostrato anche le proprie criticità. Ne parliamo con la professoressa Federica Pascucci, docente di Fondamenti di Marketing digitale presso il Dipartimento di Management dell’Università Politecnica delle Marche.

Alcuni recenti casi di cronaca hanno sollevato dubbi e polemiche sull’utilizzo corretto dei social network nell’ambito della comunicazione delle imprese e degli influencer. Dal suo osservatorio la situazione ad oggi è critica? Si assiste ad un uso ‘scomposto’ dei social?

«Quello che si nota è sicuramente un aumento della complessità dello scenario. La proliferazione di nuove piattaforme social ha dato vita a nuovi linguaggi e modalità innovative di comunicazione, tra cui appunto il coinvolgimento di attori come influencer e più in generale di “creators” di contenuti. Se a questo, aggiungiamo la rapidissima crescita del fenomeno dell’intelligenza artificiale generativa, diventa evidente che la gestione dei social media necessita di un approccio professionale, tecnico e soprattutto consapevole».

Quali le potenzialità e i limiti di questo canale comunicativo (i social) e come dovrebbe essere utilizzato per un ‘uso’ corretto? 

«Potenzialità e rischi sono numerosi, sia per gli utilizzatori-privati, sia per chi, come le imprese, li utilizza per scopi di marketing. Dal punto di vista delle imprese, grazie ai social è possibile raggiungere pubblici di utenti sia ampi, sia circoscritti e stabilire con essi relazioni ingaggianti di varia natura; ma d’altro canto, questa stessa esposizione può impattare talvolta negativamente sulla “reputazione”, causando un ritorno di immagine dannoso. Presidiare in maniera corretta queste piattaforme significa dotarsi di strategie ben definite, caratterizzate da obiettivi chiari e da un forte orientamento al pubblico che si intende raggiungere. Ciò è possibile mediante rigorose metodologie e specifiche tecniche di analisi».

Il garante per la privacy ha varato recentemente nuove direttive per un corretto utilizzo dei social network. Le condivide? O ritiene possano limitare uno spazio che dovrebbe essere considerato di libertà? 

«Premetto che non ho competenze in materia giuridica, per cui posso soltanto dare un parere da esperta di marketing e non di diritto; ritengo che in questo ambito la grande sfida del futuro sarà quella di poter verificare e quindi garantire la veridicità delle fonti e dei relativi contenuti. L’intelligenza artificiale generativa ci sta già mostrando il suo enorme potenziale e potremmo dire che siamo solo all’inizio. Se si pensa alle ben note problematiche connesse alla diffusione delle fake news, un utilizzo non normato di forme di IA potrebbe destare qualche preoccupazione oltre a quelle legate ai diritti d’autore. Credo che serva un approccio integrato che metta insieme regolamentazione, educazione all’uso corretto e consapevole dei social (specie tra i giovani) e sensibilizzazione sulle conseguenze che invece un uso scorretto può avere».  

Che ne pensa della stretta sugli influencer? È giusto che abbiamo un limite? E quale dovrebbe essere quello più utile a difesa degli utenti?

«La storia di Internet ci insegna che dopo una prima fase di assoluta libertà, la società, nel tentativo di contenere “l’anarchia digitale” introduce delle misure al fine di rendere l’ambiente più gestibile. E questo è naturale che tocchi anche il mondo degli influencer o creator, il cui lavoro è ormai qualificabile come vera e propria attività economica. Un aspetto che spesso viene sottovaluto del Web è la sua elevata misurabilità; tutto ciò che avviene online difatti produce dati e tali dati possono essere oggetto di misurazione. Ritengo che la gestione degli influencer e del loro ruolo nella comunicazione debba anch’essa avvalersi di un approccio analitico definito “data-driven” dove le decisioni e le scelte sono appunto guidate dall’analisi dei dati prodotti dalla loro attività».

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