ANCONA – Annoiati, irrequieti, finiti dentro una sorta di tunnel dal quale sperano di uscire al più presto. Costretti in casa dall’epidemia di Coronavirus, i giovanissimi cominciano a non poterne di questa situazione e del virus che ha messo in ginocchio la loro quotidianità. Un’adolescenza sospesa da un decreto che li ha confinati in casa, sottraendoli alla vita sociale e alle amicizie, tanto importanti alla loro età. Ma i giovani si sa, masticano bene la tecnologia e nel primo periodo hanno gestito le loro giornate da “remoto”: fra chat, videochiamate e social, hanno tamponato la situazione riuscendo a tenere “botta”.
Insomma, «in un primo momento avevano reagito in modo tendenzialmente positivo», osserva la psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza Onlus, ora però, trascorse diverse settimane, «iniziano a sentire maggiormente il peso di tutto ciò che stanno vivendo e a gestire con difficoltà le varie emozioni – spiega -: c’è chi è più nervoso, frustrato e irrequieto o semplicemente apatico».
Abituati ad avere un’agenda piena di impegni e uscite con i coetanei, «gli adolescenti hanno visto cambiare repentinamente la loro vita e le loro abitudini in un tempo dilatato» prosegue la psicoterapeuta. «Non dobbiamo dimenticare che sono in una fase di crescita per cui hanno un bisogno fisiologico di relazionarsi anche offline, di sperimentarsi, di confrontarsi e di vivere il loro gruppo di amicizie».
Insomma alla fine lo smartphone non basta più e l’isolamento fa sentire il suo peso. «Tra le diverse emozioni che stanno sperimentando in questo periodo di isolamento forzato, vi è anche la noia – spiega – . Sebbene non si tratti di un nemico da combattere a tutti i costi, in quanto può avere anche una funzione positiva, in questa fase gli adolescenti possono sentirsi bloccati: sentono di vivere una condizione di impotenza, visto che non possono agire e comportarsi come erano abituati a fare».
Come se non bastasse, il quadro di totale incertezza su quando si potrà tornare alla normalità rischia di provocare in loro rassegnazione e di renderli meno propositivi. Se da un lato la tecnologia si è confermata una preziosa complice, con il digitale che ha permesso di accorciare le distanze, «dall’altro – osserva la dottoressa Manca – questa simbiosi con gli strumenti tecnologici sta avendo un impatto sugli adolescenti. È come se si fossero stancati di tecno-mediare qualunque relazione e anche lo smartphone che li ha sempre accompagnati in ogni minuto delle loro giornate, è come se fosse diventato un peso», dopo essere stato «l’unico strumento a far da ponte con l’esterno».
Annoiati dallo smartphone però i ragazzi stanno riscoprendo l’importanza delle relazioni dal vivo. «Tanti di loro – prosegue la psicoterapeuta – ci raccontano che non ne possono più di chat e videochiamate, ci dicono “Non ce la faccio più, con le mie amiche continuiamo a sentirci facendo anche delle videochiamate ma mi sto stufando, non sappiamo più cosa raccontarci, vorrei tanto vederle e uscire con loro!”, “Con i miei amici ormai ci sentiamo solo per darci appuntamento sulla console e fare le partite insieme ai videogiochi, almeno ci divertiamo”».
La pesantezza di questo isolamento sociale si riflette anche nelle chat WhatsApp dei gruppi di classe: se inizialmente questi gruppi erano «bombardati da centinaia di messaggi ogni giorno, ora che i ragazzi non si vedono più quotidianamente con i compagni, se non durante le lezioni online, tendono ad utilizzare molto meno anche questo spazio».
Magari chattano ogni tanto con gli amici più intimi, fanno delle videochiamate ma «iniziano a sentire anche tanto la mancanza di poter incontrare i loro amici di persona e di potersi relazionare con loro – conclude la dottoressa Manca – : un aspetto legato al bisogno sociale che la tecnologia non riesce più a compensare fino in fondo».