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Coronavirus e spesa: rincari fino al 35% e sconti eclissati. È stangata fra carrello e pompa

Riempire il carrello della spesa da quando è iniziata l'epidemia costa di più. Ad aumentare sono soprattutto frutta e verdura, ma anche prodotti sanificanti. Abbiamo fatto il punto con Federconsumatori e Adiconsum. Ecco la situazione nelle Marche

ANCONA – Pane, pasta, frutta, verdura, olio e addirittura il lievito di birra.  Il lockdown fa impennare i prezzi dei beni di prima necessità, soprattutto alimentari, e per i marchigiani riempire il carrello diventa sempre più oneroso. Sarà all’inizio dell’emergenza si è fatto incetta di cibo per il timore di restarne senza, o perché qualcuno fa il “furbetto” approfittando del fatto che molti vanno al supermercato o nei negozi ad acquistare anche solo come svago, per uscire di casa, ma è certo che più o meno tutti ci saremo accorti girando fra le corsie di piccoli alimentari o dei supermercati che fare la spesa con il coronavirus costa di più. Non solo, nonostante la richiesta di greggio sia crollata, così come il prezzo del petrolio, fare benzina costa sempre tanto e il prezzo è sceso solo di pochi centesimi. 

Da quando è partita l’emergenza sanitaria il ritocco dei prezzi dei generi alimentari ha subito «un rialzo che ha raggiunto punte del +35% rispetto a quelli applicati solitamente in questa stagione» spiega la presidente regionale di Federconsumatori Marche Patrizia Massaccesi. 

Numerose le segnalazioni ricevute da Federconsumatori, persino «da dipendenti di alcuni negozi alimentari» che hanno denunciato rincari praticati da negozi e supermercati su tutta la merce e in particolare sui freschi, come frutta e verdura.

Ed ecco che alle prese con il banco della frutta e verdura si può restare scioccati nel trovare ad esempio i fagiolini a 7 euro al kg, i peperoni a quasi 4 euro al kg, per non parlare delle fragole, vendute quasi a peso d’oro. Un rincaro dei prezzi che secondo la presidente di Federconsumatori «non è giustificato dalle difficoltà nella raccolta dei prodotti», mentre segnala piuttosto che  «c’è una speculazione dietro».  Insomma aumenti ingiustificati, quelli degli alimenti, che arrivano oltretutto in un periodo particolarmente delicato per le famiglie italiane, colpite dalla crisi scatenata dall’epidemia di coronavirus. 

«Ci sono persone che sono rimaste senza lavoro, altri che sono in cassa integrazione e per questo prendono uno stipendio ridotto, è una mazzata»  osserva Patrizia Massaccesi nel precisare che anche i Comuni dovrebbero fare la loro parte dal momento che sono stati investiti della distribuzione dei buoni pasto alle famiglie in difficoltà e monitorare i rincari per loro sarebbe fondamentale. 

Ma ad aumentare non sono solo gli alimenti, secondo il presidente regionale Adiconsum Francesco Varagona, c’è una «crescita esponenziale del costo dei prodotti di sanificazione, di gel disinfettanti e mascherine, i cui prezzi, in alcuni casi sono decuplicati». Se da un lato «alcune catene e farmacie hanno mantenuto i prezzi che erano applicati prima del coronavirus – prosegue – , altri invece non lo hanno fatto e questo è un danno per tutti i consumatori».

Il presidente Adiconsum evidenzia anche un’altra situazione che interessa soprattutto i piccoli centri, dove c’è poca concorrenza, e dove «sono sparite promozioni e offerte» facendo così lievitare il costo del carrello. «Stiamo monitorando la situazione per evitare una eccessiva disinvoltura da parte degli esercenti, specie nelle zone dove c’è poca concorrenza. Per questo invitiamo i consumatori a segnalare questi casi». 

Pompa di benzina

A far piangere gli italiani, oltre al carrello è anche la pompa di benzina, dove nonostante il crollo del prezzo del petrolio per i consumatori i benefici non si sono manifestati in un calo dei prezzi. Infatti il pieno è diminuito solo del 5-6%, in pratica di pochi centesimi al litro, dal momento che come osservano Federconsumatori e Adiconsum quasi il 70% del costo della benzina deriva dalle accise, ovvero dalla componente fiscale applicata dallo Stato. Insomma un calo che «è una inezia e che non cambia assolutamente la vita delle famiglie» spiega Patrizia Massaccesi. Secondo Francesco Varagona il prezzo del greggio alla pompa «avrebbe dovuto subire un calo più forte, mentre invece l’Italia continua a confermarsi come il terzo Paese in Europa dove il costo del carburante è più alto, dietro solo a Finlandia e Malta».