ANCONA – «Responsabilità e ottimismo». Sono questi i comportamenti che devono contrassegnare la fase due secondo il virologo Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Con l’allentamento ulteriore delle misure restrittive e la ripresa della vita sociale «è fondamentale seguire le misure di sicurezza che restano indispensabili e unica garanzia nei confronti di una nuova recrudescenza del virus». Un concetto che deve costituire un caposaldo della fase due secondo il virologo che scoprì per primo nel 2003 la Sars.
Insomma mascherina e distanziamento interpersonale non possono essere ancora abbandonati. E proprio su questi due temi si è concentrato il dibattito in questi giorni dal momento che l’obbligatorietà della mascherina facciale coinvolge anche i bambini sopra i 6 anni di età, che dal 15 giugno potranno tornare a frequentare i loro coetanei nei centri estivi e che già da oggi, evitando assembramenti, possono concedersi di giocare insieme al parco o anche in casa. Ma qual è la mascherina più giusta per loro? Secondo il professor Clementi «vanno bene anche le mascherine di comunità, ovvero quelle in stoffa che essendo colorate possono invogliare più facilmente i bambini ad indossarle». Bene anche le mascherine chirurgiche, mentre le Ffp2, più filtranti, restano confinate alla frequentazione di ambulatori medici e ospedali. Fondamentale l’igiene delle mani.
Sul fronte del distanziamento interpersonale, dopo l’emanazione delle linee guida targate Inail-Istituto Superiore di Sanità che fornivano indicazioni per la ripresa delle attività, si è discusso molto, anche all’interno della comunità scientifica, se 1 metro fosse una misura sufficiente ad evitare il rischio di contagio, seduti ad esempio al tavolo di un ristorante o in un altro ambiente al chiuso. Su questo il virologo osserva che «il metro rappresenta un compromesso tra la necessità di ripartire e quella di garantire la salute, ma un metro e mezzo in alcuni casi sarebbe una distanza più adeguata».
Una questione che interessa soprattutto gli ambienti al chiuso, come negozi, imprese, ristoranti, bar, ma anche luoghi di culto, perché è proprio al chiuso che c’è un maggior rischio di contrarre il virus, dal momento che c’è ristagno di aria. E infatti è proprio al chiuso che le droplet, le goccioline responsabili della diffusione del virus, restano maggiormente nell’aria, «occorre prestare particolare attenzione agli ambienti chiusi e affollati, come cinema e teatri» osserva il virologo, spiegando che quando si fa attività motoria come ad esempio la corsa è «meglio non indossare la mascherina» che ostacola una corretta respirazione, obbligatorio dunque correre da soli o distanziati.
Al centro del dibattito anche la questione aria condizionata che secondo alcuni esperti potrebbe favorire la diffusione del coronsvirus, ma il professor Clementi è chiaro su questo: «L’aria condizionata non favorisce la diffusione del virus, il pericolo si ha maggiormente quando c’è un contatto con una persona infetta a distanza ridotta».
Intanto però la malattia sembra perdere la sua aggressività e il virologo ritiene che questa evoluzione possa dipendere dal fatto che le persone asintomatiche sono state isolate dopo aver accertato con il tampone che erano positive e aver analizzato anche i loro contatti. «Questo ha permesso di intervenire “chirurgicamente” con tamponi mirati». A parte la Lombardia i contagi si sono ridotti in tutto il Paese e «la malattia si è trasformata» conferma il professor Clementi nel sottolineare che la patologia ha dato inizialmente origine a due fasi: «La prima, virale acuta, e poi una seconda che vedeva una tempesta immunitaria dovuta all’infiammazione, ma che oggi non vediamo quasi più». Insomma «la malattia si sta modificando» e sono in corso studi per appurarne le ragioni.
«Non è facile dare una risposta» evidenzia, precisando che al vaglio ci sono diverse ipotesi: da un lato «l’aver identificato le persone a maggior rischio di sviluppare le complicanze, ma anche l’individuazione di farmaci che stanno riducendo l’abbondante risposta immunitaria prodotta dalla malattia». Terza ipotesi quella che «il virus funzioni da innesco per una reazione che poi in alcuni soggetti prosegua creando una sorta di fuoco amico nell’organismo».
Il virologo non condivide le teorie circolanti negli ultimi giorni che vorrebbero il virus creato artificialmente, «una ipotesi smentita dalle ricerche genetiche condotte sul virus», mentre «nessuno può dire se il covid-19 isolato in un laboratorio possa essere sfuggito al controllo».
Un ultimo pensiero il professor Clementi lo rivolge ai ragazzi alle prese con la didattica a distanza. «I nostri giovani – conclude – sono stati particolarmente toccati psicologicamente dal lockdown, abituati alla vita da campus lamentano la mancanza della vicinanza con i colleghi studenti e con i professori, una abitudine che è venuta a mancare e che occorrerà tenere in conto in vista dell’organizzazione del nuovo anno scolastico».