ANCONA – Lavoratori in nero, migranti, vittime della tratta umana e senza tetto. Sono soprattutto loro a pagare il prezzo più alto in seguito al blocco degli spostamenti imposto per limitare la diffusione dell’epidemia di Coronavirus. Chi per vivere andava avanti grazie al lavoro sommerso ora non può più farlo e ha perso ogni entrata di denaro. Sono gli invisibili, persone ai margini della società che non possono contare sui sussidi dello stato. In questa categoria ci sono anche le prostitute che se fino a due mesi fa continuavano a svolgere il loro “lavoro” nonostante si fosse già palesato lo spauracchio del virus, ora non possono più contare sugli appuntamenti con i loro clienti e rischiano di scivolare in un abisso di grave difficoltà economica.
«Il mercato della prostituzione in questo momento è fermo – spiega il capo della Squadra Mobile di Ancona Carlo Pinto -, le persone hanno paura di essere contagiate dal virus e di morire, per questo non stanno andando più nelle case delle prostitute». Settori colpiti fortemente dall’epidemia con il rischio che in un futuro neanche tanto prossimo si possa avere «una impennata del fenomeno criminale», osserva Pinto. «Una volta cessata l’epidemia – prosegue – la situazione non si risolverà immediatamente e lascerà in moltissime persone un segno profondo: saremo tutti più diffidenti nel riprendere il ritmo tradizionale. Il ritorno alla normalità sarà graduale, così come quello della prostituzione, perché la paura rimarrà inevitabilmente per un pò di tempo, specie in chi avrà perso dei cari».
Nella parte centro-meridionale delle Marche «il Coronavirus sta impattando fortemente sulle fasce più vulnerabili della popolazione» spiega Vincenzo Castelli, presidente della Cooperativa On the Road di San Benedetto del Tronto che si occupa di prostituzione e tratta umana, coprendo una vasta zona che va da Porto Recanati fino a tutto l’Abruzzo. A rischio c’è soprattutto «chi non ha un lavoro regolare, chi svolge lavori illegali o in nero e chi non ha una casa» spiega Castelli precisando che il quadro si complica ulteriormente nel caso dei migranti. Tra le zone più critiche il presidente dell’associazione segnala l’Hotel House a Porto Recanati, il Lido Tre Archi a Fermo e la Bonifica del Tronto.
«In Italia sono circa 200-300 mila le persone irregolari e invisibili per la società. Sono soprattutto loro quelli più a rischio povertà» osserva. Ai margini ci sono anche i transgender brasiliani che stanno attraversando «una fase molto critica», ma anche i migranti sfruttati ad esempio con il caporalato. C’è un modo alla deriva – osserva – dove non ci sono neanche i diritti sanitari: se queste persone prima potevano andare al Pronto Soccorso, ora con il Coronavirus sono ancora di più ai margini e non hanno neanche un medico di base a cui rivolgersi».
Poi ci sono i senza tetto, per i quali «che significato ha il termine resto a casa? – si interroga il presidente di On the Road – Queste persone non hanno diritti, non hanno la possibilità di andare in cassa integrazione né di usufruire del fondo solidarietà, inoltre alcuni comuni che hanno ottenuto dal governo le risorse per gli aiuti alimentari li stanno dando prima agli italiani, ma il Coronavirus non guarda il passaporto. Tante ragazze vittime della tratta – prosegue – sono rinchiuse negli appartamenti senza poter più lavorare e si ritrovano in situazioni ai limiti della sopravvivenza».
Castelli spiega che l’associazione non le ha abbandonate: «Le chiamiamo e continuiamo a fare il nostro lavoro di strada, anche se la maggior parte di loro sono sparite dalla Bonifica del Tronto per il timore di essere sanzionate. Inoltre cerchiamo di portare all’attenzione dei comuni le loro situazioni affinché possano avere pacchi viveri. Abbiamo già diverse segnalazioni di persone che non hanno più soldi, né cibo, per questo ci stiamo adoperando per chiedere al Ministero di orientare una parte dei fondi utilizzati per la tratta umana, destinandoli alla prevenzione sanitaria e ai pacchi viveri».