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Covid, ecco come vengono curati a casa i positivi. Via libera dalla Giunta alle indicazioni operative

La Regione Marche ha approvato le linee guida per l'approccio terapeutico ai pazienti contagiati e per quelli sospetti. Ecco come vengono seguiti a domicilio

L'assessore alla Sanità Filippo Saltamartini

ANCONA – Paracetamolo e ibuprofene fin da subito, poi antibiotico e cortisone se le condizioni di salute volgono al peggioramento. Sono questi i capisaldi del protocollo terapeutico per la gestione domiciliare delle persone affette dal covid-19, varato dalla Giunta della Regione Marche, per l’aggiornamento delle linee operative, valide per i casi sospetti di infezione.

Toccherà all’Asur monitorare sulla corretta applicazione dell’approccio terapeutico. «L’obiettivo – ha detto l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini – è quello di ridurre la pressione e il carico sulle strutture ospedaliere e residenziali territoriali gestendo efficacemente a casa i pazienti con forme di malattia da lievi a moderate. Pertanto si è anche imposta la necessità di condividere un documento, sulla base della letteratura scientifica (classificazione e stratificazione dei pazienti in base al rischio di ospedalizzazione del National Institutes of Health, ndr) e dell’esperienza clinica maturate nel corso dell’epidemia, con le indicazioni operative più aggiornate sulla gestione del paziente a domicilio».

L’assessore precisa che il ruolo del medico di famiglia e del pediatra di libera scelta resta centrale, «conoscendo le patologie pregresse, i fattori di rischio e il contesto socio-ambientale del paziente» per cui «può intervenire prescrivendo i farmaci più appropriati con un timing corretto. Ricordo inoltre che nella stessa direzione di riduzione dei ricoveri vanno anche le terapie con anticorpi monoclonali che la Regione Marche ha adottato per prima in Italia e che stanno riscuotendo ottimi risultati».

Nel documento emerge una stretta collaborazione tra medici delle cure primarie e personale delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale), sia per quanto riguarda il monitoraggio e la gestione domiciliare dei pazienti che non richiedono l’ospedalizzazione, sia per l’identificazione precoce dei parametri e delle condizioni cliniche a rischio di evoluzione della malattia.  Il protocollo, sottoscritto e redatto in collaborazione con i rappresentanti dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, degli specialisti ambulatoriali, dei direttori di distretti e dai dirigenti del Territorio e Integrazione Ospedale Territorio, tiene in considerazione anche la diffusione delle varianti.

Massimo Magi

«Il protocollo, in base alle conoscenze attuali sul virus, prevede l’impiego del paracetamolo e dell’antinfiammatorio – spiega Massimo Magi, presidente regionale Fimmg (Federazione Medici di Medicina Generale) – poi l’antibiotico, di solito un macrolide, e il cortisone, dato non subito, ma entro qualche giorno e solo nei casi in cui le condizioni stanno peggiorando: si prescrive – precisa – per impedire che si sviluppi la catena infiammatoria che porta alle condizioni più gravi, intervenendo con desametasone a 6 milligrammi al giorno per fermare la cascata citochinica che causa il danno ai polmoni».

L’antibiotico, afferma Magi, viene somministrato solo come «copertura» per evitare che «il processo infiammatorio possa aprire la porta ad una super infezione da batteri». Il cortisone solo dopo il terzo giorno, da tampone positivo o dalla comparsa dei sintomi. Per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali, vanno somministrati «nella prima settimana dal tampone positivo, il più precocemente possibile, alcuni lavori parlano addirittura entro la terza giornata, che è praticamente quasi impossibile, ma vanno infusi in maniera molto precoce».

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