ANCONA – Sono circa «200 i casi di discriminazione individuale» che ogni anno finiscono sul tavolo delle consigliere di parità nelle Marche.
A tracciare un quadro della situazione, giunta al termine del suo mandato, è Paola Petrucci, consigliera di parità della Regione Marche dal 2011 e per la provincia di Ascoli Piceno dal 2001.
Un dato che rappresenta una stima, dal momento che nelle Marche non esiste un coordinamento regionale tra le consigliere di parità provinciali, ma Petrucci lo ha ricavato partendo da quello della provincia di Ascoli procedendo in proporzione con le altre province delle Marche.
Petrucci è stata protagonista nel dicembre scorso, del ricorso al Tar contro la Giunta Acquaroli per il mancato equilibrio di genere nella composizione dell’esecutivo regionale composto da 5 uomini e una sola donna, Giorgia Latini.
Una iniziativa che aveva ottenuto il sostegno di un parterre di 61 firmatari di spicco fra i quali figurano la ex assessora alle pari opportunità e consigliera regionale Manuela Bora, l’ex presidente della Regione Marche e magistrato Vito D’ambrosio e il magistrato antimafia Giuliana Ceccarelli.
La consigliera ha ricordato di aver segnalato al presidente della Regione Marche Acquaroli la necessità di rispettare l’equilibrio di genere, ma di non aver «ottenuto nessuna risposta» né alcuna apertura al confronto su questo tema con la Giunta. Un ricorso, che ha tenuto a precisare, di aver presentato contro il governatore e gli assessori uomini, non contro l’assessora Giorgia Latini che oltretutto ha anche la delega alle pari opportunità.
A giugno l’udienza di merito deciderà le sorti del ricorso, con la possibilità di un rimpasto di Giunta se il Tribunale Amministrativo delle Marche dovesse dar ragione ai ricorrenti. Paola Petrucci si dice fiduciosa per quanto riguarda l’esito, convinta «che otterremo ragione».
Sollecitata dai giornalisti la consigliera di parità ha chiarito che nello statuto regionale «un po’ fra le righe» c’è l’indicazione al rispetto dell’equilibrio di genere tra uomo e donna nella composizione della Giunta regionale, forte di questo Petrucci afferma che «non c’è democrazia se non siamo al 50% nei luoghi in cui si decide».
La consigliera, allargando il discorso al tema delle discriminazioni sul fronte del lavoro, ha sottolineato che la pandemia di covid-19 nel 2020 ha portato un diverso modo di lavorare, che ha toccato soprattutto il mondo femminile: «Non un lavoro agile», piuttosto un telelavoro che ha finito per discriminare ulteriormente proprio le donne. Tra le segnalazioni pervenute spiccano quelle per mancato rispetto delle indicazioni dei Dpcm relative al rischio di contagio sul luogo di lavoro.
Una figura, quella della consigliera di parità che si occupa di discriminazioni collettive, della raccolta e vigilanza sui rapporti biennali sul personale (per le aziende con più di 100 dipendenti) e della verifica del rispetto dell’equilibrio di genere nelle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni.
E proprio su questo ultimo tema nelle Marche la maglia nera delle discriminazioni di genere spetta alla pubblica amministrazione. Delle 60 vertenze seguite nell’ultimo decennio (dal 2011 al 2020), solo 8 riguardano aziende private, mentre tutte le altre (52) toccano la pubblica amministrazione, specie nell’ambito della sanità.
La consigliera ha citato quanto accaduto nel 2017, quando dopo le elezioni amministrative «ci siamo trovate a dover interloquire con tre sindaci neoeletti (Sant’Elpidio a Mare, Civitanova Marche e Porto San Giorgio) che, nel nominare la Giunta, non rispettavano l’equilibrio di genere. In due casi siamo divenute ad una soluzione entro i limiti delle nostre competenze in caso di discriminazioni di genere collettive, mentre per l’amministrazione Comunale di Civitanova abbiamo dovuto presentare ricorso al Tar Marche ottenendo la rimodulazione della Giunta attendendo l’ulteriore discussione nel merito avendo chiesto un risarcimento danni».
Ma si tratta solo della punta dell’iceberg, perché come ha sottolineato «difficilmente i dipendenti si fanno avanti e contestano» le discriminazioni subite per il timore di perdere il posto di lavoro. Per quanto riguarda invece le vertenze individuali, queste sono state 55, delle quali 27 afferenti a vertenze collettive in corso e 28 relative alla provincia di Macerata dove il ruolo di consigliera di parità è vacante dal 2015.
Un tema, quello delle nomine, sul quale la consigliera ha acceso un faro. Urgente, secondo Paola Patrucci, nominare la consigliera di parità per la provincia di Macerata «allo scopo di far emergere i casi che non sono riuscita ad intercettare».
Attualmente il quadro delle consigliere provinciali nelle Marche vede la Petrucci con il doppio ruolo sulla provincia di Ascoli e sulla Regione, Alessandra Cognigni nella provincia di Fermo, Bianca Maria Orciani per la provincia di Ancona, Romina Pierantoni per la provincia di Pesaro Urbino, mentre Macerata, come detto è scoperta non essendo stata nominata neanche una supplente.
«Il mio mandato non è finito per due motivi – afferma Petrucci – : la Regione Marche deve ancora avviare la procedura di designazione per poi inoltrarla al Ministero del Lavoro per la valutazione del curriculum e la nomina. Il ruolo di Consigliera di Parità è tecnico ed anche fiduciario, la scadenza del mio mandato (il 14 aprile 2020) rischiava di rientrare nello spoil system ed immagino che questo possa essere stato un motivo per il quale la precedente giunta regionale non ha designato la sostituzione lo scorso anno».
Ma oltre a questo, segnala «l’articolo 14 della Legge 198/2006 che stabilisce la regola della prorogatio ossia l’impegno delle Consigliere di Parità a continuare a svolgere le loro funzioni fino alle nuove nomine». «Potrei dimettermi e lasciare scoperta la regione, ma non è il mio stile» afferma, esprimendo rammarico per non essere riusciti a creare una squadra con le altre consigliere, e sottolineando di volersi dedicare ad altro.
Infine nel ripercorre il decennio della sua attività, Petrucci ha ricordato la collaborazione avuta con l’ex assessore Manuela Bora «l’unico con
cui, in questi dieci anni, ho avuto una concreta e fattiva collaborazione» che ha portato all’istituzione del Tavolo regionale per le statistiche di genere con la collaborazione dei Sindacati Confederali, dell’Istat e dell’Università di Urbino, che però attualmente, ha precisato, è fermo.