Le donne sono in vantaggio nell’istruzione, ma le giovani madri restano più escluse dal lavoro. È la fotografia scattata dal Rapporto ASviS 2024 che analizza la situazione nel Paese dal punto di vista degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. In Italia il divario di genere resta ancora marcato, tanto che il Paese si colloca all’87esimo posto su 146 nell’ultimo Global gender gap report. Tra il 2010 e il 2023 il Goal 5 dell’Agenda 2023 (parità di genere) ha registrato miglioramenti consistenti, ma restano delle criticità: tra le note positive l’aumento delle donne con un titolo di studio in discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics) e di quelle elette nei consigli regionali, ma le disparità territoriali sono ampie e il Sud del Paese è in fondo alla classifica rispetto al Centro-Nord.
Secondo il report però due dei tre obiettivi dell’Agenda 2030 non saranno raggiunti: si tratta dell’obiettivo di ridurre a meno di 10 punti percentuali entro il 2026 il divario occupazionale tra donne con figli piccoli e donne senza figli, e quello di dimezzare entro il 2030 il divario occupazionale di genere rispetto al 2019. In bilico anche quello di avere una rappresentanza di almeno il 40% di donne nei consigli regionali entro il 2026.
Un obiettivo quantitativo che l’UE si prefigge di raggiungere entro il 2030, si legge nel report, è quello di dimezzare il gap occupazionale di genere rispetto al 2019 che vorrebbe dire raggiungere un tasso di occupazione femminile pari al 92,8% (di quello maschile) per l’UE e all’86,8% per l’Italia. Dai dati emerge che questo indicatore è migliorato in Europa con una tendenza che, se mantenuta, consentirebbe di raggiungere l’obiettivo, al contrario di ciò che avverrebbe in Italia, per cui i miglioramenti sono meno consistenti. Infatti, nel 2023 l’UE registra un valore del rapporto tra i tassi di occupazione pari a 87,3% (distante di sette punti dall’obiettivo), mentre l’Italia un valore di 74,3%, distante di ben 12 punti dal valore obiettivo.
Le disuguaglianze nel mondo del lavoro, che impatto hanno sulla psiche delle donne? Lo abbiamo chiesto alla psicoterapeuta clinica Alessia Tombesi. «Per le donne c’è un grande senso di frustrazione e di impotenza – spiega – sentono di poter fare poco e in alcuni casi si sentono inferiori ai colleghi uomini. Alcune a causa di queste disuguaglianze sono indecise se fare o meno i figli perché sanno di essere penalizzate sul lavoro e questo causa sofferenza perché è come se si dovesse fare una scelta tra la vita familiare e quella lavorativa. Intorno ai 30 anni possono subentrare delle vere e proprie crisi con momenti depressivi, perché sopraffatte e schiacciate da una situazione che nel 2024 è assurda».
Importante chiedere aiuto per evitare di scivolare in stati depressivi, d’ansia, o di gestione della rabbia con conflittualità sul posto di lavoro. «Le donne dovrebbero allearsi fra di loro – prosegue Tombesi – essere più solidali, non solo nel gruppo di lavoro, ma anche nella società. A volte parlare con qualcuna che vive la stessa situazione potrebbe essere utile ed un vantaggio. Condividere, parlare con professionisti e anche con altre donne che attraversano le stesse criticità è sempre utile».
Che politiche possono essere adottate a livello aziendale per superare le disparità di genere? «Sarebbe importante nelle imprese poter beneficiare dell’apporto degli psicologi del lavoro perché purtroppo la parte psicologica viene sempre trascurata e il rischio di burnout è sempre alto. Come c’è lo psicologo a scuole dovrebbe essere contemplato anche nelle aziende e nelle organizzazioni per garantire supporto in determinate situazioni e avvalorare le tematiche della parità di genere nel lavoro. Un lavoratore più motivato e a suo agio è sicuramente più produttivo, ma su questi aspetti c’è ancora troppa poca attenzione».