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Distretto Biologico Marche, oasi di sostenibilità e salute. Girolomoni: «La sfida? Uscire dalla nicchia»

Oggi la regione conta oltre il 26% di superfici bio. Il Distretto è entrato nella sua fase operativa da un paio di settimane

Immagine di archivio

ANCONA – Promuovere la conoscenza del distretto bio delle Marche, dentro e fuori i confini regionali e nazionali, e sviluppare sinergie con altri settori economici. È su questa linea che sta lavorando il Distretto Biologico delle Marche, entrato nella sua fase operativa a inizio novembre con i bandi regionali per l’avvio dei distretti del cibo. Alla guida del distretto, che ha mosso i suoi primi passi nel 2021, per poi arrivare a formalizzare l’accordo nel 2022, c’è Giovanni Battista Girolomoni. Con oltre 2.300 aziende agricole che vi hanno aderito quello delle Marche è «il distretto bio tra i più grandi d’Europa, se non il più grande» spiega Girolomoni.

Le Marche vantano una lunga tradizione nella coltivazione bio, che parte addirittura negli anni ’70, quando il settore non era ancora normato. Oggi la regione conta oltre il 26% (26,6% per la precisione) di superfici coltivate con metodo biologico, tanto da aver già raggiunto, con largo anticipo, l’obiettivo fissato dall’Unione Europea (25%) entro il 2030. Non solo, osserva Girolomoni, le Marche superano la media attuale di superfici coltivate a bio sia in Italia, che attualmente si attesta al 18,7%, sia in Europa dove non supera il 9,6%.

Giovanni Battista Girolomoni

Una tradizione che è un fiore all’occhiello dell’agricoltura marchigiana. I distretti bio sono oasi di sostenibilità, ma rappresentano anche un’importante opportunità economica. Nel Distretto Biologico Marche operano circa 2.300 persone nei diversi settori produttivi: cereali, vino, ortofrutta, olio. «L’Italia – spiega Girolomomi – è il secondo esportatore al mondo di prodotti biologici», ma i consumi sono ancora più bassi rispetto a quelli di altri Paesi del Nord Europa, nonostante negli ultimi anni siano cresciuti anche nel Belpaese.

«Mangiare bio fa bene alla salute, al Pianeta e all’economia – aggiunge – per questo lavoriamo per promuovere il biologico e per farlo uscire dalla nicchia, incentivando i consumi locali. La nostra sfida più importante è quella di ‘contaminare’ anche altri settori economici, come l’accoglienza e la ristorazione. Nel Nord Europa e negli Stati Uniti c’è un largo consumo di prodotti bio e far conoscere il Distretto Biologico delle Marche può rendere la regione più attrattiva anche dal punto di vista turistico».

Non solo tradizione, tra i pilastri del bio c’è anche l’innovazione. «La coltivazione con metodo biologico sa coniugare tradizione e innovazione – spiega – ha riportato in auge pratiche millenarie come la rotazione delle colture e il rispetto dei tempi della natura, principi che erano alla base della nostra tradizione contadina e che erano stati messi da parte con l’avvento dell’agricoltura industriale». Un metodo rispettoso dell’ambiente che guarda anche al futuro delle nuove generazioni. Il distretto raggruppa tutte le associazioni di categoria in un’unione d’intenti che parte dalla ferma convinzione che l’unione fa la forza e infatti lo slogan scelto dal distretto è proprio ‘La biodiversità ci unisce’.

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