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Fine vita, convegno ad Ancona: da Eluana a Mario. Beppino Englaro: «Oggi chi vuole può autodeterminarsi»

Englaro ha ripercorso la battaglia legale condotta per la figlia Eluana. Discusso anche il caso di Mario, il tetraplegico marchigiano primo ad accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia

Beppino Englaro

ANCONA – «Oggi chi vuole si può autodeterminare e non andare incontro a quello a cui è andata incontro Eluana: c’è una legge ben chiara» e importante «perché non bastava la Costituzione», oggi «il cittadino ha la possibilità di non farsi intrappolare in meccanismi nei quali è stata intrappolata Eluana, sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista giuridico». Lo ha detto parlando ai cronisti Beppino Englaro, papà di Eluana, intervenendo ad Ancona in occasione del convegno multidisciplinare “Fine vita: da Eluana Englaro a ‘Mario’” promosso dall’Ami (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani) e dall’Ordine degli Avvocati di Ancona, con il patrocinio dall’Ordine dei Giornalisti di Ancona.

Il caso Englaro è lungo e complesso: il 18 novembre 1992 la giovane Eluana rimase coinvolta in un incidente stradale che l’aveva ridotta in stato di coma irreversibile e permanente. Nel 1999 inizia la lunga battaglia legale di Beppino Englaro, per poter sospendere l’alimentazione della figlia, nutrita con un sondino nasogastrico. Il Tribunale di Lecco, però, respinge la richiesta di Beppino Englaro di lasciar morire la figlia. Lui però non demorde convinto che la figlia non avrebbe voluto vivere in quello stato e nel 2003 ripresenta la richiesta che però viene nuovamente respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.

L’avvocato Gianni Marasca e Beppino Englaro (a dx)

Presidente dell’Associazione per Eluana, socio onorario della Consulta di Bioetica, nel suo intervento Englaro ha ricordato l’incidente accaduto alla figlia vittima di un testacoda in una strada ghiacciata a Lecco, dove finì contro un muro. Il papà di Eluana ha ricordato che un anno prima un amico della figlia rimase vittima di un incidente e che lei vedendolo in rianimazione disse «non a me». A margine del convegno Beppino Englaro ha ricordato «è stato devastante» la «vicenda di Luana è una vicenda molto semplice e cristallina» ma in «una situazione culturale del genere ci abbiamo messo quattro anni per trovare un interlocutore», per impostare «la libertà e il diritto fondamentale costituzionale di Luana».

L’avvocato Gianni Marasca, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Ancona, ha spiegato a margine dell’evento che la sentenza del Tribunale di Ancona «ha dato i parametri sui cui il Parlamento potrebbe eventualmente legiferare e indica un percorso molto chiaro per dare la possibilità a chi si trova in queste situazioni di arrivare a mettere fine alla propria vita insostenibile senza che chi lo aiuta possa incorrere in sanzioni penali».

Valentina Rascioni consigliere della Corte d’Appello di Ancona è entrata nel merito dell’ordinanza del 26 marzo 2021 del Tribunale di Ancona e nella sua relazione ha spiegato che «forse non è un caso e forse non è neanche un male che ancora si prenda tempo per pensarci e si proceda per aggiustamenti progressivi». Il caso di ‘Mario’ secondo Rascioni «è stato il primo caso in cui si è andato un passo oltre i principi delle sentenze di legittimità e di costituzionalità perché abbiamo attuato quello che la Corte Costituzionale aveva indicato come strada per il legislatore, ma siccome erano dei principi validi li abbiamo indicati, di fatto non abbiamo innovato, era già la sentenza della Corte Costituzionale che indicava la strada, che però sembrava una strada che non si riuscisse a percorrere e c’era bisogno di ordine giudiziario per coimpiere certi accertamenti».

Un momento del convegno ad Ancona

Il caso Englaro e il caso ‘Mario’

Una vicenda che ha acceso i riflettori sulla libertà di autodeterminarsi sollevato dalla famiglia Englaro, convinta che il coma irreversibile fosse lesivo della dignità umana della figlia, allora impugna la sentenza davanti la Corte di Cassazione che nel 2007 si pronuncia, annullando il provvedimento della Corte d’Appello e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano. Il 9 luglio 2008 la Corte d’Appello di Milano riesamina la vicenda e autorizza il padre, tutore, a interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata che mantiene in vita la figlia. Ma arriva un altro stop, questa volta da Camera e Senato che il 16 luglio 2008 sollevano un conflitto di attribuzione contro la Cassazione.

La Corte costituzionale nell’ottobre 2008 si pronuncia a favore, il 9 febbraio 2009 Eluana muore, dopo che erano state sospese nutrizione e idratazione. Englaro ha spiegato ai giornalisti «se era capace di intendere e di volere Eluana poteva autodeterminarsi» ma se improvvisamente non si è più capaci di intendere e di volere «la nostra Costituzione non lascia discriminare le persone per la loro condizione: abbiamo una legge suprema, che è la Costituzione, ma l’accesso diretto non c’è, quindi c’è stato un iter veramente lunghissimo, perché per noi avere la risposta del giudice di legittimità della Corte Suprema di Cassazione abbiamo dovuto attendere 15 anni e 9 mesi, 5.750 giorni per trovare nero su bianco l’autodeterminazione» che «non ha niente a che vedere con l’eutanasia».

Englaro ha ricordato il percorso che ha portato alla legge per l’autodeterminazione, legge 219 del 22 dicembre del 2017 sul Biotestamento, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” che regola delicate questioni come il consenso ai trattamenti sanitari (il cosiddetto consenso informato), la Pianificazione condivisa delle cure e delle scelte relative alla fase finale della vita (le cosiddette Disposizioni Anticipate di Trattamento o DAT).

Dalla legge sull’autodeterminazione terapeutica a quella sul fine vita, il caso Englaro si intreccia con quello di ‘Mario’, il tetraplegico marchigiano che a seguito della sentenza della Consulta sul “Caso Cappato” aveva chiesto alla Asl di vedersi riconosciute le condizioni previste dalla sentenza per accedere alla morte assistita in Italia, ma arriva il diniego, allora si rivolge all’Associazione Luca Coscioni. Con una pronuncia resa nota a fine marzo 2021, il tribunale di Ancona però nega a ‘Mario’ la possibilità di accedere alla morte assistita.

Il Tribunale in composizione collegiale, ribalta la precedente decisione e ordina all’Asur di verificare se nel caso fossero rispettate le condizioni d’accesso al suicidio assistito e di accertare se le modalità, la metodica e il farmaco prescelti fossero idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile. Dopo un mese senza risposte il 12 luglio 2021 Mario diffida l’Asur, il 1° settembre viene contattato da Asur per fissare un calendario di appunatmenti, ma bisogna aspettare il 23 novembre 2021 prima che Mario riceva il parere del Comitato Etico che riscontra la presenza delle quattro condizioni stabilite dalla Corte costituzionale, rilevando l’impossibilità di potersi esprimere sul farmaco perché nessuna verifica era stata fatta sulla metodica, le quantità e le modalità di somministrazione.

Un passaggio storico, perché è la prima volta che in Italia una persona malata riceve conferma delle condizioni previste per accedere al suicidio medicalmente assistito. Dopo una serie di diffide da parte di ‘Mario’ il 9 febbraio 2022 riceve la trasmissione la Relazione del gruppo tecnico multidisciplinare sulle modalità, metodica e farmaco prescelti. Il 6 giugno 2022 Mario muore dopo essere ricorso al suicidio assistito, si tratta del primo caso in Italia.