ANCONA – Le Marche si confermano la prima regione italiana per manifatturiero, ma il sistema è molto meno strutturato sia della media italiana che di quella emiliano romagnola. È quanto emerge dalla fotografia scattata dallo studio Nomisma in collaborazione con la Fondazione Aristide Merloni, “Marche azioni di policy per il rilancio del sistema produttivo marchigiano” i cui dati sono stati illustrati ieri pomeriggio presso la Facoltà di Economia di Ancona. Le Marche sono state messe a confronto con la vicina Emilia Romagna nell’ambito di una riflessione che la Fondazione Merloni ha inteso lanciare alla politica regionale e al mondo economico per identificare le possibili azioni da attuare per il rilancio economico prendendo spunto dalle “best practices” dei distretti produttivi emiliano romagnoli.
A discutere di questi temi cruciali per il benessere della nostra regione che sta attraversando una fase delicata segnata dal sisma, dal fallimento di Banca delle Marche e soprattutto dalla crisi economica, un parterre d’eccezione: Gian Mario Spacca vicepresidente Fondazione Aristide Merloni, Francesco Acquaroli deputato marchigiano di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Attività Produttive della Camera, Luca Ceriscioli presidente della Regione Marche, l’ex rettore
Sauro Longhi professore di Automatica alla Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche, Lucio Poma responsabile Scientifico Area Industria e Innovazione di Nomisma, Franco Mosconi professore di Economia Industriale all’Università di Parma, Andrea Cornacchini Production Hub Manager Ima, Marco Scalmati imprenditore MicroTekna, Claudio Schiavoni presidente Confindustria Marche,
Francesco Chelli Univpm Referente del rettore per le Relazioni con il Territorio e Francesco Merloni presidente della Fondazione Aristide Merloni.
Marche regione manifatturiera dicevamo, e a guardare i dati questa specializzazione è confermata: il peso di questo settore tradizionale dell’economia è del 41% contro il 14% dei nostri vicini emiliano romagnoli. Ma nel report Nomisma purtroppo emergono anche le criticità della regione: Negli ultimi 4 anni (2016-2012) è calato del 4% il numero delle aziende (-1% in Italia) ed è diminuita la forza lavoro che segna un -9%.
Un decremento che tocca soprattutto lavoratori e aziende di grandi dimensioni. Dal 2012 infatti la dimensione media delle imprese si è ridotta passando da 3,6 a 3,4 addetti e questo non agevola l’export che nei primi 9 mesi del 2018 (rispetto allo stesso periodo dell’anno prima) ha registrato un calo del 2%.
«Le aziende manifatturiere si dono destrutturate e appaiono frammentate» spiega Lucio Poma del Nomisma nel precisare che invece in Emilia Romagna questo tipo di impresa si è rafforzata, inoltre dalla fotografia scattata dalla società di consulenza risulta anche che le Marche dispongono di minore risorse da destinare a investimenti, formazione, e innovazione. Sul fronte della ricerca e sviluppo le imprese delle Marche investono solo 1,38% contro l’Emilia Romagna che investe quasi il 2% , mentre in start-up innovative la nostra regione supera i vicini. le Marche superano l’Emilia Romagna e focalizzate nel manifatturiero.
«Dallo studio emerge che l’Emilia Romagna ha lavorato molto su aggregazioni e filiere – ha dichiarato Gian Mario Spacca – , occorre superare la frammentazione per lavorare sulla filiera produttiva». Spacca ha poi spiegato che il convegno è solo un primo appuntamento al quale seguiranno ulteriori letture che di fatto accompagneranno tutto il periodo della campagna elettorale: ci saranno infatti letture dedicate a infrastrutture e collegamenti, poi a innovazione, tecnologia e industria 4.0, successivamente un’altra sui programmi europei per i fondi strutturali 2020-2027 e infine una lettura complessiva, il tutto per «stimolare il programma amministrativo».
Come rilanciare l’economia marchigiana dunque? Secondo Lucio Poma è necessario puntare sulle filiere produttive che grazie agli investimenti nelle grandi imprese «trainano le piccole». Il professor Franco Mosconi ha spiegato che «il punto da cui ripartire è la base manifatturiera che le Marche conservano» e rilevante è il ruolo dei distretti-cluster e della formazione dove spiccano gli Its. Occorre dunque «lavorare su bacini di manodopera, fornitori specializzati locali e spillover tecnologici» (conoscenza che circola tra imprese vicine).
Presente anche Andrea Cornacchini dell’Ima che ha raccontato l’esperienza virtuosa della sua azienda che ha favorito la «creazione di una rete di imprese» tramite l’acquisto di quote societarie con l’obiettivo di aumentare l’interazione diretta tra fornitori, favorire lo sviluppo di queste aziende, agevolare l’integrazione tra i subfornitori, aiutare le aziende della rete a focalizzarsi sul proprio core business, creare partnership per favorire la crescita. Un progetto che verrà replicato anche tra i produttori degli appennini per creare una filiera sul modello emiliano romagnolo.
Secondo Marco Scalmati della MicroTekna è invece difficile riprodurre nelle Marche il modello di filiera dei nostri vicini perché il territorio è punteggiato da tante piccole imprese, per questo ha proposto il consorzio di imprese come Misco Valley che sta gestendo da tempo.
«Vogliamo far fare alla nostra Regione Marche un salto di qualità industriale e economico – ha dichiarato Francesco Merloni -. La manifattura è il punto forte che traina la nostra economia e fa il 90% delle esportazioni e il 25% di valore aggiunto, ma nonostante questo la Regione ha subito delle battute di arresto».
Secondo il presidente di Confindustria Marche Claudio Schiavoni se l’Emilia Romagna è stata in grado di mantenere la grande impresa e le filiere, nelle Marche «bisogna riprendere le attività che hanno fatto crescere la nostra regione», ma «mancano le infrastrutture» e serve una rete di dati con «connessione internet che funziona bene». Inoltre Schiavoni ha chiesto una politica industriale regionale e un supporto alla grande impresa nell’affrontare le sfide competitive.
Francesco Chelli dell’UnivPm ha sottolineato il «dato preoccupante delle assunzioni a tempo indeterminato che nelle Marche nel 2019 sono state solo 7700» poi ha ricordato i dati dell’ultimo rapporto di Bankitalia sulla situazione congiunturale dell’economia regionale.
Presenti all’incontro anche i tre papabili candidati alla presidenza della Regione Marche: Luca Ceriscioli, Francesco Acquaroli e Sauro Longhi i quali a margine dell’evento hanno commentato la visita pesarese del leader della Lega Matteo Salvini.
Il governatore Luca Ceriscioli nel suo intervento ha evidenziato la crescita del Pil più alta di tutte le Regioni italiane nel 2018 quando ha segnato un +3%. Poi ha ricordato la crescita occupazione del +64% e il calo della disoccupazione, mentre parallelamente sono state finanziate 11 filiere, 529 imprese, 58 organismi di ricerca e 15 strutture del sistema socio-sanitario. Infine ha ricordato la creazione di piattaforma tecnologica 4.0, spiegando che la creazione di nuove filiere e piattaforme sarà tra i primi punti della sua agenda politica.
Sulla questione politica ha replicato al leader della Lega spiegando: «Salvini è arrivato nelle Marche dicendo “voglio togliere le tasse alle nuove imprese per tre anni” , ma dato che lo stiamo facendo dal 2015 significa che apprezza quello che la Regione sta facendo» e ancora «Salvini rischia di fare la fine della Borgonzoni, la sua candidata in Emilia Romagna». Sulle liste di attesa altro tema del comizio di Salvini ha ricordato che «c’è stata una crescita importante in termini di servizi su questo fronte tanto che il sistema sanitario regionale eroga 60 mila prestazioni in più tutti i mesi sulle liste d’attesa». Poi la stoccata sulla sicurezza dopo il declassamento della Questura di Ancona: «La valutazione sui parametri di sicurezza del territorio è stata talmente positiva che le priorità vanno su altre Questure, questo non significa che non abbiamo problemi di sicurezza anzi dobbiamo sempre tenere la guardia alta ma dire che nelle Marche la sicurezza è la priorità è un altro discorso».
Secondo il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Acquaroli «le Marche possono tornare a essere collegate» alle regioni più avanzate del nord-est e centro Italia dove un tempo erano protagoniste, mentre oggi guardano «più al Sud con imprese che lavorano sui mercati in maniera più disgregata». Per Acquaroli «occorre lavorare insieme al sistema universitario e al sistema di formazione delle scuole, è fondamentale avere una visione che ci veda muovere tutti insieme». Poi ha sottolineato il fatto che il sistema di produzione marchigiano «è un orgoglio per la nostra regione» e ha resistito alla globalizzazione, riuscendo a creare «eccellenze». «La rete di imprese è un ottimo punto di partenza dove operare con finanziamenti e bandi che premino raggruppamenti per filiere».
Sulla politica invece dopo le frenate della Lega sulla sua candidatura sottolinea che il suo nome è emerso da un «accordo siglato a novembre tra tutte le forze politiche di centrodestra». «Siamo convinti che i nostri alleati saranno leali a quell’accordo», conclude.
Per l’ex rettore Sauro Longhi occorre attrarre investimenti, e puntare sui settori di eccellenza della regione perché come ha evidenziato «siamo la Maranello degli strumenti musicali e non sappiamo valorizzarlo, così come siamo leader nella cantieristica navale di lusso».