ANCONA – Trenta persone denunciate per frode fiscale, riciclaggio e auto-riciclaggio. È il bilancio della vasta operazione condotta dai finanzieri della Compagnia di Ancona che, dopo una lunga e complessa attività di indagine, ha portato all’individuazione di una organizzazione criminale dedita all’evasione fiscale e contributiva nella cantieristica navale nel porto di Ancona.
Operando attraverso una fitta rete di imprese dislocate tra Marche, Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lombardia e Toscana, molte delle quali “cartiere” ramificate sull’intero territorio nazionale, il “sistema” aveva emesso fatture false per 131 milioni di euro, arrivando ad evadere 28 milioni di Iva e ad avere 66 milioni di euro di base imponibile per il recupero a tassazione. Dalle indagini inoltre è emersa la presenza di 153 lavoratori irregolari nei confronti dei quali è stato omesso il versamento dei contributi e delle ritenute Irpef.
Il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Ancona aveva già disposto il giudizio nei confronti di 5 dei 14 imprenditori indagati. La seconda udienza dibattimentale si era tenuta lo scorso 22 ottobre davanti al Tribunale di Ancona. Per gli altri denunciati è stata già fissata la data dell’udienza preliminare. Altri indagati hanno visto le loro posizioni stralciate con trasferimento del fascicolo ai Tribunali di Bologna, Monza e Prato.
L’organizzazione, denominata “ShipYard” (cantiere navale) è stata avviata dopo una specifica attività di analisi delle imprese operanti nell’area portuale, «dopo una differente impostazione della catena produttiva della Fincantieri Spa, risultata estranea ai fatti d’indagine» si legge nella nota stampa della Guardia di Finanza: un maggiore ricorso a ditte in appalto e conseguente riduzione dell’organico dei lavoratori diretti, che all’inizio delle indagini di poco superiori alle 600 unità, rispetto alle oltre 2.000 unità degli operai delle ditte appaltatrici.
Un contesto che era già stato oggetto negli anni scorsi di un tavolo tecnico tra il Prefetto di Ancona, le Autorità locali e le organizzazioni sindacali di base. Le Fiamme Gialle di Ancona, dopo aver studiato i rapporti esistenti tra i 250 soggetti economici coinvolti nella lavorazione che orbitavano nella cantieristica navale tra Ancona, Marghera (VE), Monfalcone (GO), Livorno, Muggiano (SP) e Sestri (GE), nonché presso il cantiere navale di Fiume (Croazia), sono riusciti ad individuare il sistema illecito sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Ancona.
Il “sistema” si basava su un “Consorzio” con sede in provincia di Ancona, il quale presentava a Fincantieri il preventivo più vantaggioso, i lavori venivano poi delegati alle imprese consorziate le quali fatturavano al committente. Il Consorzio oltre a ricevere le fatture dalle consorziate, emetteva alle stesse fatture per i servizi forniti. Sette di queste aziende consorziate, ubicate in Abruzzo, Marche, Campania e Toscana, sono risultate essere cartiere amministrate da “prestanome”.
Le fatture emesse per operazioni inesistenti e per un importo pari a 131 milioni di euro nel corso di quattro anni, venivano utilizzate da altre dodici società consorziate, che così maturavano crediti Iva inesistenti utilizzati per le compensazioni di altre imposte. Le cartiere una volta accumulato debiti per oltre 16 milioni di euro verso l’Erario e l’Inps, cessavano la loro attività per essere sostituite da nuove imprese costituite ad hoc allo stesso scopo.
Alcune delle imprese avevano la propria sede legale e amministrativa presso lo studio di un consulente fiscale di Scafati (SA), al quale veniva affidata la gestione della contabilità: spostando la competenza dei controlli su un altro territorio il gruppo rendeva difficoltosa l’individuazione del sistema di frode. Grazie al vantaggio concorrenziale legato all’impiego di manodopera irregolare, soprattutto di nazionalità bengalese, il gruppo criminale erogava prestazioni lavorative a prezzi inferiori rispetto alla concorrenza.
Tra le voci in busta paga degli operai venivano inseriti considerevoli importi per trasferte, non soggette ad imposta, al posto della dicitura “salari e stipendi”. I 30 denunciati sono amministratori pro-tempore delle imprese coinvolte nel sistema illecito. Tramite accertamenti bancari e intercettazioni telefoniche, i militari hanno eseguito anche 20 verifiche fiscali nei confronti di alcune delle imprese.