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Giornata nazionale personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e volontariato. Il Csv: «Burocrazia da rivedere»

Nelle Marche secondo il centro servizi volontariato sono quasi 350 le associazioni attive nel diritto alla tutela della salute

ANCONA – L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’ sosteneva il drammaturgo ateniese Sòfocle. Tempo e competenze sono tra i doni più preziosi dell’impegno sociale che caratterizza il mondo del volontariato. Oggi, 20 febbraio, ricorre la quarta Giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario, del personale socioassistenziale e del volontariato, istituita per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio nel corso della pandemia di Coronavirus nell’anno 2020.

Nelle Marche «sono quasi 350 le associazioni di volontariato che operano per il diritto alla tutela della salute» spiega Massimo Lauri, consigliere Csv Marche (centro servizi per il volontariato) e consigliere nazionale Avis. «Il volontariato è una integrazione importante e quasi obbligatoria al mondo sanitario – dice – senza questo apporto la sanità non riuscirebbe a coprire tutti i servizi».

Le associazioni di volontariato secondo Lauri sono una colonna portante del welfare sanitario: «I professionisti della salute senza il mondo volontariato non sarebbero in grado di reggere da soli il sistema, basta pensare alla donazione di sangue – spiega -: sono i volontari che organizzano le chiamate, che cercano nuovi donatori. La sanità non può fare a meno di questo mondo. Le istituzioni non sarebbero in grado di svolgere i servizi erogati dai volontari perché non hanno la stessa capillarità delle associazioni».

Massimo Lauri, Csv Marche

I volontari oggi entrano negli ospedali, costituiscono la colonna portante delle pubbliche assistenze, si prendono cura dei malati oncologici, solo per fare qualche esempio, un apporto cruciale, offerto non solo ai malati, ma anche ai care giver, ai familiari. Si tratta di persone che oltre a mettersi a disposizione con cuore e generosità, hanno ricevuto una formazione specifica per approcciare con delicatezza la malattia.

La formazione è uno dei tasselli fondamentali, «è indispensabile» spiega Lauri: «la realtà del volontariato è spesso poco conosciuta dalla sanità, perché ha un rapporto diretto con le persone, con i malati». Un mondo che negli anni si è evoluto, anche a seguito della pandemia che ha imposto nuovi ritmi e nuove modalità anche comunicative con l’apertura sui social network.

«L’impossibilità di entrare negli ospedali a causa della pandemia di Covid-19 o di avere un contatto diretto con i malati ci ha obbligato ad una nuova organizzazione, ad un modo nuovo di affrontare le problematiche, ma nel periodo dell’emergenza sanitaria non si è lavorato di meno, al contrario, si è lavorato di più e con rischi maggiori a causa di un possibile contagio». Tra le sfide da affrontare include la burocrazia che «complica la vita dei volontari del terzo settore, a volte arrivando a scoraggiare il loro apporto: oggi per le normative attuali un volontario ha la stessa responsabilità di un socio di una società commerciale, un aspetto da rivedere».

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