ANCONA – Si profila una nuova stagione complicata per gli imprenditori agricoli dediti alla semina del grano duro. Dopo un 2023 abbastanza disastroso segnato da una produzione ridotta a causa del maltempo, non sono pochi, anche nelle Marche, gli agricoltori che iniziano a riflettere sulla possibilità di cambiare coltura.
A creare un quadro in chiaro scuro è anche la politica agricola comune europea – Pac, che puntando su un’agricoltura più verde e imponendo una serie di nuove regole «penalizza il settore» spiega Francesco Guzzini, imprenditore agricolo recanatese, vicepresidente Coldiretti Macerata, titolare di un’azienda che produce grano duro, barbabietole, girasoli, mais e piselli da industria. E i primi effetti già si sentono anche nelle Marche.
«La Pac – incalza – è ‘intrisa’ di un vulnus ideologico – ambientalista che non si comprende quale tutela della biodiversità possa effettivamente raggiungere, quando oggi il vero rischio è rappresentato dall’approvvigionamento di cibo per la popolazione mondiale, in crescita. Inoltre, essendo un rogolamento molto cavilloso ci complica la vita anche dal punto di vista burocratico».
La politica agricola comune europea (Pac) puntualizza l’imprenditore impone di lasciare un 4% di terreni a riposo, e questo, insieme alle avversità climatiche che hanno flagellato le produzioni, non incoraggia di certo la semina del frumento.
«Tra novembre e dicembre – spiega – nelle Marche si è seminato meno grano duro rispetto all’anno scorso e il calo delle superfici coltivate a frumento si attesta mediamente attorno al 10% circa» sia per la pessima stagione del 2023, sia «per le rotazioni obbligatorie imposte dalla Pac».
Insomma, tra cambiamento climatico e Pac, le previsioni per la prossima stagione sono più incentrate su basse aspettative. «Gli stock di grano sono quasi esauriti – dice – e se il maltempo dovesse ridurre anche quest’anno la produzione di grano, c’è il rischio di una nuova ondata di rincari». Gli aumenti al prezzo della pasta che si sono registrati negli ultimi mesi, spiega l’imprenditore «sono ingiustificati perché per noi agricoltori il prezzo del grano non è cresciuto, anzi».