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Grande distribuzione, per i sindacati è stato di agitazione: «Non si può pensare solo al maledetto soldo»

A far infuriare le associazioni di categoria le misure di protezione dal contagio non adeguate in tutti i punti vendita e l'apertura domenicale che espone ancora di più i lavoratori al rischio di contrarre l'infezione. Ecco i pareri di Filcams Cgil, Fist Cisl e Uiltucs Uil

ANCONA – È stato di agitazione immediato nei punti vendita della grande distribuzione su tutto il territorio regionale. Filcams Cgil, Fist Cisl e Uiltucs Uil protestano contro le misure di prevenzione del Coronavirus in alcuni casi «inadeguate» nei supermercati.

«Non tutti hanno le barriere in plexiglass per proteggere chi lavora nelle casse e le mascherine non vengono sempre distribuite in tutti i turni, mentre altre non garantiscono una protezione adeguata» spiega la segretaria regionale Fist Cisl Selena Soleggiati. 

I sindacati protestano contro il fatto che se da un lato alcuni punti vendita della grande distribuzione si sono in parte adeguati predisponendo tutte le misure di sicurezza possibile, altri invece non lo hanno fatto. Si crea quindi una disomogeneità sul territorio che mette a rischio i dipendenti proprio nelle «uniche realtà dove ad oggi c’è una concentrazione di cittadinanza elevata e quindi il rischio di contagio non si riduce solo con il distanziamento sociale».

«La Regione dovrebbe intervenire per limitare gli orari di apertura e renderli uniformi sul territorio – prosegue la Soleggiati – , oltre che far osservare la chiusura domenicale in modo da garantire una pausa ai lavoratori che in questo periodo sono sono sotto pressione».

Inoltre, osserva la sindacalista sta emergendo un nuovo fenomeno, cioè quello dei supermercati che nonostante la continuità operativa stanno guardando alla cassa integrazione in deroga per il Covid-19. «Lo stato di agitazione è anche una precisa presa di posizione nei confronti di quelle aziende che stanno guardando alla cassa integrazione in deroga come ad uno strumento per ridurre i costi seppur in costanza di continuità di attività. Solo il calo drastico ed improvviso del fatturato o la chiusura di attività può giustificare il ricorso agli ammortizzatori pensati per sostenere lavoratori ed imprese a cui il contenimento deciso dal governo impedisce nei fatti di lavorare non come occasione di miglioramento delle performance economiche».

«Purtroppo a tutte le difficoltà dei lavoratori si stanno aggiungendo anche  quelle delle aziende prese dall’idea folle di chiedere la cassa integrazione – spiega il segretario regionale UILTuCS Fabrizio Bontànon ci sembra opportuno drenare risorse statali che serviranno già ora per le aziende che ne hanno realmente bisogno. È doveroso, innanzitutto, pensare alla tutela dei lavoratori il più possibile sul fronte delle protezioni individuali e pensare alla chiusura domenicale: non si può solo pensare al maledetto soldo. Una tutela, quella verso i lavoratori della grande distribuzione che si riflette anche in una attenzione verso medici, infermieri, operatori sanitari e personale che lavora nel 118,  che sta lavorando con turni massacranti. Chiudere la domenica sarebbe un bel segnale».

«Non è tollerabile che nell’attuale stato emergenziale qualcuno pensi di fare il furbo – spiega la segretaria regionale Filcams Cgil, Barbara Lucchi – . C’è in ballo la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori che sono in prima linea e anche di tutti i cittadini. Sui dispositivi di sicurezza non concediamo deroghe così altrettanto per la messa in pratica delle disposizioni del protocollo, recepite dall’ultimo decreto a garanzia del contenimento del contagio e della salvaguardia delle maestranze e della popolazione tutta. La richiesta inoltre di ammortizzatori da parte di coloro che sono vendono beni “di prima necessità“ appare davvero fuori luogo e strumentale, inaccoglibile, specie in un momento di gravità e sofferenza che tante aziende e lavoratori coinvolge e di cui loro davvero necessitano».

I sindacati se non verranno presi provvedimenti non escludono il ricorso allo sciopero per tutelare i lavoratori dopo che anche ieri nel bresciano è deceduto un delegato sindacale che lavorava nella grande distribuzione.