ANCONA – Migliaia di palestinesi sarebbero confluiti nel sud della striscia di Gaza, nelle città di Rafah e di Khan Yunes, nel tentativo di passare in Egitto per allontanarsi dalle zone colpite dalla guerra. La mattina del 7 ottobre le sirene dell’allarme bomba sono tornate a risuonare dopo che si è riacceso il conflitto mai sopito tra palestinesi e israeliani.
In Italia molti temono ripercussioni sul fenomeno migratorio. Un rischio reale o paventato? Secondo l’Ambasciata dei Diritti delle Marche «sicuramente ci sarà un effetto domino» legato al riaccendersi del conflitto, «anche se storicamente l’emigrazione forzata palestinese ha solo molto parzialmente come metà l’Italia».
Danilo Burattini, attivista dell’Ambasciata dei Diritti, ricorda che «l’Italia ha a smantellato il sistema di accoglienza con i vari decreti sempre a più restrittivi, ed oggi non riesce a far fronte a dei numeri che continua a chiamare emergenziali, ma che in realtà non lo sono».
Per l’Ambasciata dei Diritti che ha il polso del fenomeno immigratorio specie nel capoluogo marchigiano, «i palestinesi che scappano dalla guerra «solitamente si rifugiano nei paesi confinanti, come Egitto, Cisgiordania, Libano». Nelle Marche vive «una piccola comunità, composta per lo più da famiglie e studenti universitari, ci sono anche famigli e arrivate tra gli anni ’80 e gli anni ’90, un fenomeno migratorio complesso difficile da catalogare, sostiene. «Molti palestinesi si trovano in Europa, dopo essere scappati dai territori occupati illegalmente dall’esercito israeliano» conclude.