ANCONA – «La prevenzione è fondamentale e va incrementata: i paletti non bastano, bisogna mettere delle ‘sbarre’ oltre le quali non andare. Cosa dire ai giovani? Che comportamenti non corretti espongono a rischi: Ne va della vostra vita e d quella degli altri». A dirlo è Franco Acciarri, che da quasi 30 anni convive con l’hiv.
La sua prima diagnosi l’ha avuta nel 1983. Il suo è uno dei casi più storici delle Marche, e Franco ha provato sulla sua ‘pelle’ le prime terapie e quelle che nel corso degli anni si sono succedute per la cura dell’infezione da hiv. L’infezione l’ha contratta a causa dello scambio di siringhe, una modalità di trasmissione piuttosto comune in quegli anni, quando il 90 per cento delle infezioni era legato proprio al mondo della tossicodipendenza, mentre oggi la causa più comune è il rapporto sessuale non protetto.
Ospite de ‘Il Focolare’ la casa alloggio a Varano (Ancona) che da ospitalità alle persone con hiv e aids, ha raccontato parte della sua esperienza in un libro nel quale è raccolto uno scambio di mail avuto con un professore di religione nel periodo del lockdown, quando il mondo si era fermato a causa della pandemia di Covid,
‘La speranza che ci tiene in vita’ ai intitola così il libro, che si può avere con una offerta e il cui ricavato andrà a sostegno delle Opere Caritative francescane, che gestiscono ‘Il Focolare’ (il libro sarà presentato il 10 dicembre alla Mole Vanvitelliana di Ancona).
«Ai miei tempi nessuno ti diceva di usare precauzioni durante un rapporto sessuale – spiega Acciarri – e nemmeno di non scambiarsi le siringhe, la malattia non la si conosceva. Io abitavo a Porto San Giorgio e ricordo che quando andavo al bar si rifiutavano di farmi il caffè o se me lo facevano poi buttavano via la tazzina, come se avessi avuto la peste».
In Italia il primo caso risale al 1982 (in Lazio) mentre la sindrome è stata riportata per la prima volta in letteratura nel 1981 (ad Atlanta), anche se già negli anni Settanta erano stati riportati casi isolati di Aids (Acquired Immune Deficiency Syndrome) negli Stati Uniti e in numerose altre aree del mondo (Haiti, Africa ed Europa). Il virus dell’hiv (Human Immunodeficiency Virus) venne isolato nel 1983 (Montagnier-Gallo). Un’infezione che se non curata porta all’aids.
Nel corso degli anni ’80, la malattia dell’aids risveglio paure e venne fortemente stigmatizzata come ‘la malattia’ degli omosessuali o dei tossicodipendenti: non solo, la popolazione non conosceva il meccanismo di trasmissione del virus, mancavano informazioni e si riteneva che si potesse essere contagiati anche con lo scambio della saliva, toccando o utilizzando un oggetto usato da una persona malata, proprio come la tazzina da caffè di cui parla Franco Acciarri.
Per fare chiarezza nel 1991 il medico Fernando Aiuti baciò una sua paziente sieropositiva per dimostrare che la malattia non si trasmetteva tramite i liquidi salivari. Una immagine che fece il giro del mondo e che ancora oggi rappresenta una tappa verso un cambiamento in direzione di una maggiore conoscenza della malattia.
Tornando a Franco Acciarri, oggi è una persona sessantenne impegnata nella sensibilizzazione sulla malattia: è volontario per una associazione che si occupa di anziani, raccoglie rispondendo al telefono le segnalazioni degli anziani che hanno bisogno di piccoli servizi.
Il check point di Ancona
Sono 482 le persone testate per Hiv, epatite e sifilide al check point di Ancona, gestito dalle Opere Caritative francescane. A fornire il dato, aggiornato al 30 novembre, è Luca Saracini, direttore delle Opere Caritative Francescane e de ‘Il Focolare’, la casa alloggio di Varano (Ancona) giunta al suo 20esimo anno di attività, che si occupa dell’accoglienza delle persone sieropositive e malate di Aids prive di assistenza familiare (10 gli ospiti).
Il check point per lo screening gratuito e anonimo delle malattie sessualmente trasmissibili, primo e unico nelle Marche, era stato aperto nell’aprile scorso e da allora in soli sei mesi di attività ha eseguito circa 1.446 test (ogni screening prevede tre test, uno per ciascuna delle tre patologie infettive).
Obiettivo, far emergere le infezioni che spesso restano sommerse, soprattutto l’hiv con conseguenze che possono diventare letali se non curate tempestivamente. «Anche se il check point è stato aperto ad Ancona – spiega Luca Saracini -, sono arrivate persone da tanti comuni delle Marche e da tutte le province della regione, non solo dall’Anconetano, segno che le persone hanno bisogno e interesse a controllarsi per l’hiv, l’epatite e la sifilide».
Entrando nel merito dei dati relativi agli screening, Saracini spiega che «su 482 soggetti testati sono due le positività al virus hiv emerse: si tratta di due giovani sotto i 30 anni, 4 per la sifilide e 2 per l’epatite c, positività poi confermate in ospedale». Il check point è aperto una volta a settimana, nella sede delle Opere Caritative Francescane, in via delle Grazie 10 (Ancona) dopo la partecipazione al bando nazionale Gilead che sostiene l’ideazione di progetti indipendenti su hiv, epatite cronica, infezioni fungine invasive e fibrosi cistica.
Per quanto riguarda invece la prevenzione, che non può che passare attraverso le scuole, «faremo un concorso che coinvolgerà le terze e le quarte classi delle scuole superiori, per l’ideazione di campagne di informazione e sensibilizzazione sull’hiv e sull’aids, ma anche sulle altre malattie sessualmente trasmesse, per il quale metteremo in palio 3mila euro». Messaggi che parleranno il linguaggio dei giovani, perché ideati dai giovani. «Lavoreremo da gennaio 2023 a novembre 2023, per poi fare la premiazione a dicembre dello stesso anno» conclude.
Tra i prossimi progetti delle Opere Caritative francescane c’è quello di portare la prevenzione in carcere, attraverso una campagna di screening dei detenuti. «L’idea è quella di partire da Ancona, dai carceri di Montacuto e Barcaglione – spiega Saracini – per poi estendere l’iniziativa alle altre strutture detentive della regione».